Cine 4 – Il medico di campagna

Cine 4 – Il medico di campagna

(Medecin de campagne)

giovedì 15 marzo ore 15.30 e 20,45 – € 5,00 (€ 3,50 under 25 e convenzionati)

Genere: Commedia
Regia: Thomas Lilti
Interpreti: Francois Cluzet (Jean Pierre Werner), Marianne Denicourt (Nathalie Delezia), Isabelle Sadoyan (madre di Werner), Félix Moati (Vincent Werner), Christophe Odent (Nores), Patrick Descamps (Maroini), Guy Faucher (sig.Sorlin), Philippe Bertin (Guy), Geraldine Schitter (Fanny).
Nazionalità: Francia
Distribuzione: BIM Distribuzione
Anno di uscita: 2016
Data uscita Italia: 22 dicembre 2016
Origine: Francia (2016)
Soggetto: da un’idea originale di Thomas Lilti
Sceneggiatura: Thomas Lilti, Baya Kasmi
Fotografia: Nicolas Gaurin  (Panoramica/a colori)
Musiche: Alexander Lier, Sylvain Ohrel, Nicolas Weil
Montaggio: Christel Dewynter
Durata: 102′
Produzione: Agnes Vallée, Emanuel Barreaux per 31 Juin Films, Les Films du Parc.
Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti **
Tematiche: Malattia; Solidarietà-Amore;

Soggetto:

Jean Pierre Werner fa il medico in un piccolo centro agricolo. Sempre presente e disponibile, ha stabilito con i pazienti un rapporto positivo e sereno di fiducia totale. Ma anche i dottori si ammalano e così, quando a Werner viene diagnosticato un tumore, eccolo ritrovarsi affiancato da Nathalie Delezia, una giovane inesperta e volenterosa…

Valutazione Pastorale:

Che Werner sta male, lo sappiamo subito. Che l’arrivo di una assistente non gradito né a lui né ai pazienti arriva come conseguenza successiva. Il nodo tematico è dunque doppio: da un lato la (difficile) convivenza tra il titolare e l’assistente, dall’altro la crescente difficoltà di Werner di mantenere fede al suo impegno assiduo e puntuale nei confronti degli abitanti, molti dei quali, quando vedono la presenza della donna, le chiudono la porta in faccia. Su questo doppio binario corre dunque il copione, alzando il tiro sulle difficoltà di Werner di tenere nascosta la malattia, e insieme di affrontare con realismo e praticità i molti problemi che la quotidianità presenta. L’intento è dimostrare che il medico di campagna è una di quelle professioni che più sembrano superate più se ne avverte la necessità in una società (occidentale) che si è illusa di poter superare carenze e bisogni col ricorso alla tecnologia e alla facile diagnosi. L’evolversi dei fatti dimostra che la preparazione scientifica resta inerte se non è accompagnata dal soffio del calore umano, dalla comprensione, dal reciproco rispetto tra medico e paziente. E anche tra medico e medico. Semplice nello svolgimento, puntuale nel prendere in esame un ventaglio ampio di problemi che lo scenario della campagna presenta (lungi dall’essere il luogo incontaminato che molti vorrebbero), il film è nitido e positivo e dal punto di vista pastorale e da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione:

il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni per affrontare in maniera ampia riflessioni relative agli argomenti trattati.

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

“Vedendo ‘Il medico di campagna’ di Thomas Lilti si capisce subito che il legame tra il regista e la professione medica non è casuale o frutto solo di una qualche professionalità, sanitaria o cinematografica che sia (Lilti ha esercitato la professione prima di passare alla regia). C’è qualcosa di diverso che si respira lungo il film e che «esce» dallo schermo: è un’empatia, una sintonia, una complicità verrebbe quasi da dire, che alla fine si rivela la vera arma vincente del film, capace di andare al di là della storia che racconta per trasformarsi in una specie di accorata perorazione intorno alla professione medica e alla sua missione. E non solo. Perché le vicende narrate offrono al film un respiro più ampio e ambizioso, che lo indirizza verso la descrizione di una condizione sociale che parla della desertificazione delle campagne, della crisi della professione medica in queste zone, della complessità «antropologica» di chi vive in quelle condizioni e deve fare i conti con problemi non semplici da affrontare (handicap, paure, ignoranza), in generale di un mondo che non solo il cinema ma anche i media tendono a dimenticare e che invece ha una sua urgente e drammatica attualità. (…) Sceneggiato dal regista insieme a Baya Kasmi, il film sembra recuperare quella tradizione di titoli impegnati ma non dichiaratamente militanti che avevano fatto l’ossatura del cinema francese medio negli anni Settanta, quando si poteva leggere in filigrana il retroterra politico che guidava i comportamenti dei vari personaggi. (…) non ci sono personaggi che prendono il sopravvento sugli altri o situazioni più importanti di altre, e anche la lotta di Werner con la malattia e l’apprendistato sul campo con cui si confronta Nathalie rientrano in un quadro più ampio, quello della descrizione di un mondo marginale, conscio dei propri limiti e dei propri problemi, che Lilti racconta con delicatezza e passione.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’)

“Premesso che si tratta di un bel film (un feel-good-movie alla francese con qualche venatura amara), ‘Il medico di campagna’ darà materia di discussione agli spettatori. Molti dei quali, come pazienti, rimpiangono l’umanesimo della medicina porta-a-porta a fronte di quella impersonale di oggi, quando il dottore è sempre meno un confidente e sempre più un ‘tecnico’. E tuttavia Thomas Lilti, che ha esercitato a lungo come medico prima di soccombere al virus del cinema, non fa prediche ma si limita a porre la questione, che è seria. Senza mai dimenticare che sta raccontando una storia di ‘caratteri’; e lo fa molto bene.” (Roberto Nepoti, ‘La Repubblica’)

“Vecchi e giovani, malati veri e coppie sbilenche, campi nomadi e sindaci affaristi, momenti drammatici e tipi buffi: a posteriori non manca niente, ma Lilti e i suoi attori (eccellenti Cluzet e la Denicourt, perfetti tutti gli altri) hanno tempi perfetti, sguardo acuto, e alle spalle una struttura di racconto così solida da essere invisibile. Bulgakov e anche Cechov sono passati di qui. Ma l’ex-medico Lilti ne approfitta per aprirci gli occhi sul presente.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’)

“«Il medico di campagna» è uno di quei film tutto mezzitoni narrativi che sia pure non trascinando lo spettatore in alcun momento, alla fine gli lasciano un retrogusto dignitoso. Merito soprattutto del protagonista Cluzet, l’ennesimo ottimo esponente della scuola d’oltralpe (…). Non è che il piglio del regista Lilti, ovviamente ex dottore, sia particolarmente penetrante e le entrate/uscite dagli ambulatori o le fattorie, le case e i cortili dei paesani diventano presto alquanto monotone e ripetitive; nello stesso tempo si apprezza che vengano evitate svolte plateali e che gli umori e i sentimenti non siano azzerati dal messaggio redentoristico di prammatica. Se dietro la confezione non più che gradevole si volesse, insomma, cogliere un riferimento romanzesco, questo condurrebbe all’edulcorato Cronin piuttosto che al profondo Balzac.” (Valerio Caprara, ‘Il Mattino’)

“Diretto dal transalpino Thomas Lilti, già medico e con il sintomatico ‘Hippocrate’ in carnet, ‘Il medico di campagna’ – ogni riferimento a Balzac non è casuale – esula dai vincoli del ‘cancer-movie’, ovvero dribbla il lacrimevole e il ricattatorio, per concentrarsi sull’analisi sociologica della provincia: toni pacati, narrazione piana, un film sommesso e delicato, ben interpretato, che tenendo bassa la voce rischia forse di non farsi sentire.” (Federico Pontiggia, ‘Il Fatto Quotidiano’)

“Piacerà a chi dopo ‘Quasi amici’ ha imparato a rovesciare ogni stima sul veterano François Cluzet. E dopo ‘Il medico di campagna’ imparerà ad amare Marianne Denicourt, molto bella e molto brava (in Francia è primadonna da un pezzo, ma da noi ha stentato finora a farsi adottare).” (Giorgio Carbone, ‘Libero’)

“Eccellente commedia francese, che scava nei sentimenti con grande sensibilità. (…) Evitate le temute lacrime e, ancora più saggiamente, la banalità di una love story tra i due magnifici protagonisti.” (Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’)