Cine 4 – L’equilibrio

Cine 4 – L’equilibrio

Giovedì 7 febbraio ore 15,30 e 21 (€ 5,00 – under 25 € 3,50)

    • PREMIO LANTERNA MAGICA (CGS) E PREMIO NUOVOIMAIE TALENT AWARD A MIMMO BORRELLI ALLA 14. EDIZIONE DELLE ‘GIORNATE DEGLI AUTORI’ (VENEZIA 2017).
    • CANDIDATO AI NASTRI D’ARGENTO 2018 PER IL MIGLIORE SOGGETTO.

Genere: Drammatico
Regia: Vincenzo Marra
Interpreti: Mimmo Borrelli (Don Giuseppe), Roberto Del Gaudio (don Antonio), Giuseppe D’ambrosio (Saverio), Autilia Ranieri (Antonietta), Lucio Giannetti (Gaetano), Francesca Zazzera (Assunta), Astrid Meloni (Veronica), Vincenza Modica (Maria), Francesco Pio Romano (Daniele), Sergio Del Prete (Enzo), Paolo Sassanelli (Vescovo)
Nazionalità: Italia
Distribuzione: Warner Bros Pictures Italia
Anno di uscita: 2017
Data uscita Italia 21 settembre 2017
Origine: Italia
Soggetto: Vincenzo Marra
Sceneggiatura: Vincenzo Marra
Fotografia: Gianluca Laudadio
Montaggio: Luca Benedetti, Arianna Zanini
Scenografia: Flaviano Barbarisi
Costumi: Annalisa Ciaramella
Durata: 90′
Produzione: Luigi Musini, Olivia Musini, Cesare Apolito, Renato Ragosta per CinemaUndici, Lama Film, RAI Cinema, Ela Film
Tematiche: Evangelizzazione-missione, Gesù, Giovani, Politica-Società, Potere
Valutazione: Complesso, Problematico, dibattiti *

Soggetto:

Un piccolo paese del napoletano, una zona nota come la terra dei fuochi. Qui arriva don Giuseppe, sacerdote già missionario in Africa ed ora, dopo un periodo di crisi, intenzionato a riprendere il proprio cammino di fede al servizio di una nuova comunità. Don Giuseppe prende il posto di don Antonio, parroco precedente, che era entrato in forte sintonia con tutti gli abitanti, per la sua capacità di parlare schiettamente anche di argomenti delicati come quello dei rifiuti tossici…

Valutazione Pastorale:

Vincenzo Marra ha esordito nel 2001 con “Tornando a casa”. Quindi ha diretto altri titoli quali “Vento di terra”, 2004; “L’udienza è aperta”, 2006; “La prima luce”, 2015. Legato ad un cinema dalla forte impronta realistica, Marra si confronta con questa nuova opera con la cronaca, quella più aspra e scostante, quella che non è tanto agevole affrontare perché mette in gioco scelte difficili e impopolari. Tanto più se, come in questo caso, al centro della vicenda ci sono due sacerdoti impegnati nel proprio ministero. Alla domanda se queste due figure di preti coraggiosi siano ispirati a figure reali, Marra risponde: “No, rappresentano però la sintesi di diversi personaggi della cronaca, proprio come la storia che racconto. Anche il quartiere in cui ho girato, e che evito di nominare per non far torto alle tantissime persone perbene che vi abitano, è il simbolo del degrado di una zona d’Italia che si trova ad appena un’ora e 40 da Roma”. Quello della malavita organizzata nelle zone di degrado e quello della presenza/assenza delle istituzioni in contesti nei quali finiscono per imporsi ed essere accettate leggi non scritte porta direttamente alla domanda sul perché Marra abbia deciso di rendere i due preti protagonisti della vicenda. “Da tempo -dice- desideravo girare un film ‘cristologico’, basato su un cammino spirituale. Avevo pensato a un documentario su un prete di frontiera nella terra della camorra, ma ho dovuto rinunciare perché ci hanno fatto capire che non ci volevano e sarebbe stato pericoloso per la troupe”. Da questi interventi si ha più chiara l’idea di quanto il film entri con piena coerenza all’interno di un vicenda difficile. La rinuncia finale di don Giuseppe non è una ammissione di fallimento ma la consapevolezza che altri strumenti sono necessari, oltre alla preghiera e al perdono, per vincere la dura scorza del cuore di certe persone. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione:

il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte successive occasioni per affrontare i difficili argomenti che quella realtà restituisce ogni giorno con il contributo di testimonianze, esperienze, opinioni anche di esponenti del mondo ecclesiale.

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

Che cos’è l’equilibrio? E soprattutto come cercarlo nel proprio percorso di vita? Così nel dizionario: «In senso morale e spirituale, capacità individuale di padroneggiare i propri impulsi e istinti, di giudicare con obiettività e di comportarsi con equità e senso delle proporzioni». Ne sa qualcosa don Giuseppe (il bravo Mimmo Borrelli), il quale se lo sente ripetere per ben due volte: dallo stesso vescovo che gli ha affidato il nuovo incarico e da don Antonio (Roberto del Gaudio), il parroco che deve sostituire nella cosiddetta «Terra dei fuochi». Ma facciamo un passo indietro. Don Giuseppe, tornato dall’Africa, si trova a Roma in una piccola parrocchia, dove si occupa anche dell’accoglienza degli immigrati. Messo in crisi dal rapporto con una volontaria, per non venire meno alla sua vocazione, decide di farsi trasferire in Campania, la sua regione d’origine. Giunto nella nuova parrocchia, introdotto dall’ex parroco, il giovane sacerdote presto verrà a contatto con la dura realtà, dove oltre l’abbandono dello Stato, per quieto vivere, si tollerano altri «compromessi», quali lo spaccio e la droga, con i quali don Giuseppe, fedele alla sua integrità morale e spirituale, non vuole assolutamente avere a che fare. Il caso di una ragazzina abusata, lo porterà però a confrontarsi con la «scomoda» realtà del luogo, non lasciando la sua vita di sacerdote del tutto indifferente. Vincenzo Marra, con «L’equilibrio», porta così in scena una sorte di storia di vocazione (l’aveva già fatto nel 1998 con un cortometraggio dal titolo «La vestizione»), nonché «cristica», concentrando la macchina da presa sul personaggio principale del prete, mettendo a nudo (nel vero senso della parola) le paure, le fragilità, nonché la fede e il ministero di don Giuseppe. Asciutto, diretto, senza fronzoli il film (con qualche errore nella rappresentazione ecclesiale e sacerdotale) riesce nel suo intento, pur lasciando dell’amaro in bocca. Un percorso «cristologico», potremmo dire con il regista, valido non solo per i presbiteri, ma per tutti quelli che cercano di vivere ogni giorno la propria fede cristiana. (Gianluca Bernardini, sdcmilano.it)

“Novanta minuti, come una partita di calcio, per raccontare il dolore di una terra amata, odiata, non capita, ma anche per evocare la speranza che scaturisce dal coraggio di un prete. Una narrazione pulita, essenziale e a tratti tagliente, quella del regista partenopeo Vincenzo Marra (…). Il film è girato senza copione e in presa diretta, a forza di prove e prove con piani sequenza che seguono sin dall’inizio tutte le vicende di don Antonio, un Borrelli qui forse un po’ troppo enfatico (…). Le riprese sono state precedute, per la stesura dello script da un’indagine che il regista ha svolto per più di un anno sul territorio, ascoltando e rapportandosi con i preti che vi lavorano. C’è come un filo conduttore in tutta la trama: la paura. Paura del futuro, di deludere gli altri o di rimanere delusi, la paura della solitudine e del giudizio conformista, la paura di dover dire le cose come stanno. La paura della violenza. È uno dei pregi del film di Marra, schietto, genuino, mai ideologico.” (Fulvio Fulvi, ‘Avvenire’)

“Gerarchia di valori e coraggi, legati al tema della mafia che al cinema non si combatte più solo con la denuncia. Marra sacrifica al concetto il senso del cinema e chiama l’amico «produttore creativo» Gianluca Arcopinto per raccontarci com’è complicato stare in equilibrio nel cinema e nella vita, circumnavigando il documentario ma con la voglia di sfociare nella fiction con due attori di gran classe.” (Maurizio Porro, ‘Corriere della Sera’)

“Nella Terra dei Fuochi si confrontano due maniere di fare il prete di frontiera. Quella di don Antonio, parroco uscente perché promosso a più alto incarico a Roma, figura autorevole, in prima linea contro il traffico di rifiuti tossici, pronto in nome di questo obiettivo primario a chiudere gli occhi su altre innumerevoli storture. E quella del più giovane don Giuseppe, che da Roma ha chiesto di tornare nella sua terra, che don Antonio raccomanda alla comunità ecclesiale con paterna benevolenza, ma che da subito si mette di traverso esigendo la restituzione del campetto di calcio ai ragazzi dell’oratorio da parte del microboss di quartiere, dominatore del locale traffico di droga e responsabile di molte altre torbide schifezze, che l’ha sequestrato per coltivare il vezzo di pascolarci la sua capretta. Don Giuseppe non molla, a costo di inimicarsi i fedeli, a costo di provocare irreparabili conseguenze, a costo della propria incolumità fisica, a costo di perdere il sostegno del predecessore. Chi fa la cosa giusta? Quarto film di Vincenzo Marra, preziosa risorsa del cinema italiano.” (Paolo D’Agostini, ‘La Repubblica’)

“(…) seguendo ne ‘l’Equilibrio’ di Vincenzo Marra (…) il doloroso percorso di Don Giuseppe, quasi un Cristo che avanza tenace tra minacce e disperazione, si capisce che in certi luoghi niente è semplice, nemmeno seguire la luce di Dio (…). Inquadrato dall’inizio alla fine del film, in lunghi piani sequenza, Don Giuseppe, con il suo carico di energia e sofferenza, è una figura drammatica che lascia un segno profondo. Come il film di Marra (…).” (Fulvia Caprara, ‘La Stampa’)

“Tratto da un mix di storie vere, il film soffre di qualche aggiunta forzata – il caso di pedofilia ispirato agli orrori di Caivano – ma riesce a trasmettere il senso di situazioni spaventose, ma in qualche modo tragicamente trascendenti il solito compitino di protesta contro Stato e Chiesa. Se alla fine il pubblico può avvicinarsi all’essenza dell’inevitabile scontro tra un concetto astratto di fede e la pragmatica tutela del bene di una comunità, il merito va soprattutto alla perizia con cui un one-man- show come Borrelli è stato messo in grado di racchiudere la propria imponente personalità nelle pulsazioni di un percorso spirituale che nutrono il film più della trama.” (Valerio Caprara, ‘Il Mattino’)