Cine 4 – Roma

Cine 4 – Roma

giovedì 23 maggio ore 15.30 e 21 (€ 5,00 – under 25 € 3,50)

  • LEONE D’ORO ALLA 75. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2018), HA OTTENUTO IL PREMIO SIGNIS.
  • GOLDEN GLOBE 2019 COME MIGLIOR FILM IN LINGUA STRANIERA, AD ALFONSO CUARÓN COME MIGLIOR REGISTA. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR SCENEGGIATURA.
  • OSCAR 2019 PER: MIGLIOR FILM STRANIERO, MIGLIOR REGISTA, FOTOGRAFIA. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR FILM, SCENEGGIATURA ORIGINALE, MIGLIOR ATTRICE (YALITZA APARICIO), MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA (MARINA DE TAVIRA), SCENOGRAFIA, MONTAGGIO E MISSAGGIO SONORO.
  • PREMIO DAVID DI DONATELLO 2019 PER IL MIGLIOR IL MIGLIOR FILM STRANIERO.
  • 3 candidature e vinto 2 Golden Globes, 7 candidature e vinto 4 BAFTA, 8 candidature e vinto 4 Critics Choice Award, ha vinto un premio ai Spirit Awards
Genere: Biografico, Drammatico
Regia: Alfonso Cuarón
Interpreti: Yalitza Aparicio (Cleo), Marina de Tavira (Signora Sofía), Diego Cortina Autrey (Toño), Carlos Peralta (Paco), Marco Graf (Pepe), Daniela Demesa (Sofi), Nancy García García (Adela), Verónica García (Signora Teresa), Andy Cortés (Ignacio), Fernando Grediaga (Signor Antonio), Jorge Antonio Guerrero (Fermín), José Manuel Guerrero Mendoza (Ramón), Latin Lover (Professor Zovek), Zarela Lizbeth Chinolla Arellano (Velez), José Luis López Gómez (Pediatra), Edwin Mendoza Ramírez (Medico), Clementina Guadarrama (Benita), Enoc Leano (Político), Nicolás Peréz Taylor Félix (Beto Pardo), Kjartan Halvorsen (Ove Larsen)
Nazionalità: Messico/USA
Distribuzione: Netflix
Anno di uscita: 2018
Data uscita Italia 3 dicembre 2018
Origine: Messico/USA
Soggetto: Alfonso Cuarón
Sceneggiatura: Alfonso Cuarón
Fotografia: Alfonso Cuarón
Montaggio: Alfonso Cuarón, Adam Gough
Musiche: Steven Price
Scenografia: Eugenio Caballero
Arredamento: Bárbara Enríquez
Costumi: Anna Terrazas
Durata: 135′
Produzione: Nicolás Celis, Alfonso Cuarón, Gabriela Rodriguez con Netflix
Tematiche: Famiglia, Famiglia – genitori figli, Lavoro, Politica-Società
Valutazione: Consigliabile, poetico, Adatto per dibattiti

 Soggetto:

La narrazione segue le vicende della domestica Cleo (Yalitza Aparicio), a servizio di una famiglia borghese del quartiere Roma, a Città del Messico. Cleo è una presenza premurosa e costante nelle dinamiche familiari, della coppia di coniugi e dei quattro figli, tra cui si scorge lo sguardo dell’allora giovanissimo Alfonso Cuarón…

Valutazione Pastorale:

Va detto subito che il film ha avuto il premio SIGNIS alla Mostra di Venezia 2018 con la seguente motivazione: “Con uno stile allo stesso tempo classico e innovativo e un uso sapiente del bianco e nero, il regista Cuarón costruisce un suggestivo e poetico racconto sul Messico degli anni Settanta. Se a livello generale, l’opera coglie le fratture di una società che va incontro a profondi cambiamenti, dal punto di vista familiare delinea la forza del ruolo della donna, capace di reagire con coraggio e solidarietà alle continue difficoltà. ‘Roma’ è una bellissima conferma sulle doti artistiche di Cuarón, regista dalla forte carica autoriale e dalla grande capacità divulgativa”. Cuaron si è fatto conoscere a livello internazionale con “Y Tu Mamá También” (2001), passando poi alla regia del terzo Harry Potter cinematografico (“Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, 2004) e imponendosi a livello mondiale con il visionario “Gravity” (2013), vincitore di 7 premi Oscar. Possiamo definire “Roma” un film sorprendente, un racconto drammatico con pennellate autobiografiche sul Messico di inizio anni Settanta. Il film si avvale di una fotografia in bianco e nero molto espressiva e non ha timore di servirsi di dinamiche produttive attuali, quale la collaborazione con Netflix. La figura di Cleo si rivela determinante per mantenere saldo l’equilibrio familiare, scosso nel corso della narrazione dall’abbandono della figura paterna. Cleo diventa l’immagine della vita che si riscatta, che si rigenera nonostante le difficoltà (si veda il salvataggio in mare). Va ricordato poi il riferimento del regista alle tensioni sociali del Messico del periodo. Dal punto di vista pastorale, il film è da segnalare come consigliabile, poetico e adatto per dibattiti sui temi della famiglia.

Utilizzazione:

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni come spettacolo di alta qualità figurativa e per avviare una riflessione sulla famiglia e sulle su numerose dinamiche.

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

“Per Alfonso Cuarón, ecclettico latinoamericano a Hollywood di risultati discontinui (in curriculum un ”Harry Potter’ e il ‘Gravity’ spaziale vincitore di Oscar), questo ‘Roma’ è il film della vita, un ritorno alla casa di famiglia nel quartiere alto borghese del titolo a Città del Messico, dove l’ago di un tempo proustiano in bianco e nero cuce le sorti della domestica Cleo in risonanze neorealiste e felliniane. (…) ‘madeleine’ comandate da una potente visione di dettaglio e d’insieme (…).” (Silvio Danese, Nazione-Carlino-Giorno,)

“Fotografato in un risplendente bianco e nero, il film sa trasmettere quel senso di confusione se non di sconfitta e fallimento che il Messico attraversava in quegli anni, dove la borghesia (vedi il marito) preferisce fuggire e il proletariato (come il fidanzato di Cleo) sfoga la rabbia nella violenza. Cosi come assume forza metaforica il destino dell’indigena Cleo, madre mancata per sé ma madre salvifica per i figli della borghesia. Un sovraccarico di senso che però finisce per togliere vitalità al film, troppo perfetto nelle sue studiatissime inquadrature e nei suoi ricercati movimenti di macchina per emozionare davvero. Svelando quello che è probabilmente il problema delle produzioni Netfiix affidate a registi di gran nome: una libertà tanto grande da favorire gli eccessi.” (Paolo Mereghetti, Corriere della Sera)

“Sconfina nel passato, riconfinandosi a girare nel paese natio, il messicano Alfonso Cuarón dopo un lungo interludio hollywoodiano. Troupe e cast del luogo, e Cuarón che (…) disegna il quadro semi autobiografico di una crisi familiare addolcita dalle materne cure di una domestica, firmando regia, copione, fotografia e montaggio. Più cinema d’autore di così!, eppure nonostante la bellezza formale e la sensibilità del racconto, «Roma» non agguanta come dovrebbe.” (Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa)

“Il presupposto alla base di ‘Roma’ è in fondo giusto: perché le storie degli umili e degli ultimi dovrebbero essere mostrate per forza con un realismo paradocumentario? Alfonso Cuarón, regista di film diversissimi, da ‘Y tu mamá también’ a un Harry Potter, per il suo dramma sociale in cui torna al natio Messico, sceglie un luccicante bianco e nero, inquadrature e movimenti di macchina costruitissimi. (…) Le disparità di classe sono esposte in maniera diretta, con le differenze abissali tra servi (spesso indios) e padroni, ben oltre le differenze di genere. (…) Dopo il successo di ‘Gravity’, Cuarón ha potuto realizzare un film che sentiva profondamente, in cui ha messo i propri ricordi d’infanzia. E, come si diceva, ha scelto uno stile sontuoso, con un grande senso dello spazio, esibendo la presenza di una regia ‘ricca’, di uno sguardo inevitabilmente diverso da ciò che si narra. (…) Anche se in certe scene-clou (il parto con inquadratura fissa in parte fuori fuoco, una scena al mare in complicatissimo piano sequenza di 5′ con controluci e dolby avvolgente) rischia di distrarre dall’intensità della vicenda.” (Emiliano Morreale, La Repubblica)

“‘Roma’ nasce precisamente dai ricordi del regista, la casa della sua infanzia è stata ricostruita nei particolari, ha voluto intorno a sé solo maestranze di lingua spagnola (anche se lui stesso ha ricoperto la maggior parte dei ruoli, dal direttore della fotografia al montaggio). L’andamento della vita domestica è l’osservatorio privilegiato da cui mostrare la costruzione gerarchica di una società maschilista, dove le domestiche sono l’ultimo anello, testimoni anche dello sgretolamento di una vita protetta. Da pochi indizi, da piccoli eventi fino a quelli più inaspettati e drammatici è reso palpabile il cambiamento dei tempi, così come i drammi personali alludono alle tragedie che avvengono per strada, ma senza che ci sia bisogno di mostrarle se non per allusioni. (…) bastano pochi secondi per riannodare tutti i fili, magnifico lavoro di costruzione che svela più dimensioni, dalla struttura classista della società, dal quartiere benestante al pueblo senza acqua e senza luce, le strade di fango. Cuarón fa emergere da ogni angolo dello schermo la vita palpitante del passato e ciò che resta di vitale nel presente, la rete degli affetti, i suoi ricordi d’infanzia portati poi da grande sullo schermo.” (Silvana Silvestri, Il Manifesto)

“La sequenza dell’Halconazo è tra le più superbe di un film che stilisticamente ha molto da insegnare, girato com’è in un bianco e nero di grande agio spaziale (gli effetti speciali sono delle partita) e di cura maniacale per il sonoro. Cuarón vi distilla l’abbandono di due donne (…). Un incontro-confronto, e una dinamica serva-padrona, che ha il Messico per bisettrice, le classi sociali per punti di fuga e Cleo per prospettiva (non) privilegiata (…). Il volemose bene, però, è lasco, già Cuarón non è un campione d’empatia e qui un pervasivo e invasivo senso di colpa borghese non lo aiuta: c’è l’eredità di ‘Y tu mamá también’, c’è la lezione di ‘Children of Men’ – questo potremmo ribattezzarlo I figli degli altri – e l’abituale perizia tecnica, ma è un film più bello a guardarsi che bello da vedere.” (Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano)

“Come si dice ‘Amarcord’ in messicano? ‘Roma’. Alfonso Cuarón ricorda la sua infanzia in un bianco e nero maiuscolo a Città del Messico (…).È un film sulla donna, l’ennesimo di questa Venezia di registi maschi che inquadrano, con potenza, più Lei che Lui. Nella pellicola Cleo è la fiera protagonista mixteca del popolo (la prima apparizione cinematografica di Yalitza Aparicio è sensazionale) mentre Sofia sembra una borghese piccola piccola in cerca di riscatto. Fellini è ovunque e non tanto per ‘Amarcord’ quanto piuttosto per ‘La strada’ (forzuti che si esibiscono in tv e davanti a giovani proletari trasformando il circo in arti marziali di massa), ‘Le notti di Cabina’ (lo spaesamento di una donna davanti all’amante crudele) e ‘Otto e mezzo’ (un tunnel intasato di macchine ferme). Il regista messicano (…) dirige, fotografa e monta con il chiaro intento di purificarsi nella memoria di un quartiere (Roma) di Città del Messico pieno di vita anche quando per strada ci si spara senza pietà (Massacro di Tlatelolco). Lunghi piani sequenza ipnotici e morbide carrellate infinite (una in mare contro le onde da brividi). Dura due ore e un quarto ma potevamo vederne altre quattro. (…) Forse non è il suo film più bello (l’interclassismo domestica-padrona a volte è fin troppo idealizzato) ma quanto ci mancava il suo sguardo così vorace di vita. Anche quando è la sua.” (Francesco Alò, Il Messaggero)

1970, Città del Messico, quartiere Colonia Roma: la vita di Cleo (Yalitza Aparicio, non attrice), giovane domestica di una famiglia di professionisti. Dopo il pluripremiato Gravity del 2013, Alfonso Cuarón torna dietro la macchina da presa e alla Mostra di Venezia, in Concorso, con Roma, targato Netflix. Quarta volta al Lido, dove ha portato anche Y Tu Mamá También, Children of Men e, appunto, Gravity, riabbraccia il patrio Messico, nonché i ricordi della sua infanzia, miscelati tra biografia e finzione e riversati su schermo in un film di cui è tuttofare: regista, sceneggiatore, produttore, direttore della fotografia e montatore. (Federico Pontiggia, La Rivista del Cinematografo)

Il film Roma del regista messicano Alfonso Cuarón, Leone d’oro a Venezia, candidato all’Oscar come miglior film straniero, dopo alcuni giorni in sala e l’arrivo su Netflix, raggiunge il grande pubblico con impeccabile bianco e nero. Ed è una grande occasione di dibattito su diversi temi: la distribuzione – a cui, qui, partecipa la Cineteca di Bologna; l’esercizio e i rapporti con le piattaforme digitali; la posizione dei festival rispetto a questo tipo di opere (è noto il “no” di Cannes al concorso, perché Netflix non rispetta la finestra, regolamentata in Francia, tra piattaforma e sala, ed è altrettanto noto il “si” di Venezia, che ha bypassato il problema in nome dell’arte); il decreto Bonisoli, che si confronta con la questione, ma lascia ampi margini di interpretazione e rinvia a data da destinarsi una riforma del sistema; infine il problema della pirateria online. (Daniela Ceselli, Left)

Leone uguale a bidone. Lo conferma Roma, il film che ha vinto l’ultima Mostra veneziana. Il titolo si riferisce a un quartiere di Città del Messico, ma lo spettatore non Io saprà mai. Neanche se è rimasto sveglio. Per seguire le vicende in bianco e nero di Cleo, cameriera tuttofare dì una famiglia borghese nel 1970. L’anno di Italia-Germania 4-3. Due ore esaltanti contro due ore da svenimento. (Massimo Bertarelli, Il Giornale)