Troppa grazia

Troppa grazia

giovedì 27 giugno ore 15,30 e 21 (€ 5,00 – under 25 € 3,50)

  • Film di chiusura alla 50. Quinzaine des Réalisateurs (Cannes 2018), ha ricevuto il premio Label Europa Cinema.
  • Candidato al David Donatello 2019 per migliore attrice protagonista (Alba Rohrwacher).

Genere: Commedia
Regia: Gianni Zanasi
Interpreti: Alba Rohrwacher (Lucia), Elio Germano (Arturo), Giuseppe Battiston (Paolo), Hadas Yaron (La Madonna), Carlotta Natoli (Claudia), Thomas Trabacchi (Guido), Daniele De Angelis (Fabio), Rosa Vannucci (Rosa), Teco Celio (Giulio Ravi)
Nazionalità: Italia
Distribuzione: BIM Distribuzione
Anno di uscita: 2018
Data uscita Italia 22 novembre 2018
Origine: Italia/Grecia/Spagna
Soggetto: Gianni Zanasi
Sceneggiatura: Gianni Zanasi, Giacomo Ciarrapico, Michele Pellegrini, Federica Pontremoli
Fotografia: Vladan Radovic
Musiche: Niccolò Contessa
Montaggio: Rita Rognoni, Gianni Zanasi
Scenografia: Massimiliano Sturiale
Costumi: Olivia Bellini
Durata: 110′
Produzione: Beppe Caschetto, Rita Rognoni per Ibc Movie, Pupkin Production con Rai Cinema, in coproduzione con Oplon Film, Strada Productions, Smallfish Spain

 Soggetto:

Lucia è una geometra che vive da sola con sua figlia. Mentre si arrangia tra mille difficoltà, economiche e sentimentali, il Comune le affida un controllo su un terreno scelto per costruire una grande opera architettonica. Lucia nota che nelle mappe del Comune qualcosa non va, ma per paura di perdere l’incarico decide di non dire nulla. Il giorno dopo, mentre continua il suo lavoro, viene interrotta da quella che le sembra una giovane “profuga”. Lucia le offre 5 euro e riprende a lavorare. Ma la sera, nella cucina di casa sua, la rivede all’improvviso, davanti a lei. La “profuga” la fissa e le dice: “Vai dagli uomini e dì loro di costruire una chiesa là dove ti sono apparsa…”

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

Se succedesse a qualcuno di noi che un giorno, quando meno ce lo si aspetta, ci compaia davanti la Madonna cosa faremmo? Accetteremmo qualsiasi cosa ci possa essere richiesto o faremmo obiezioni? Ma soprattutto: ci crederemmo? Sono domande strane, forse, ma vere. Le stesse che Gianni Zanasi, regista di «Troppa grazia», presentato in chiusura all’ultimo festival di Cannes, si pone nel momento in cui ha pensato al soggetto del suo film. Lucia (Alba Rohrwacher, davvero sorprendente e perfetta nel suo ruolo) è una giovane madre sola, «sui generis», che si barcamena nella vita con piccoli lavoretti che riesce a procurarsi come geometra. Il Comune del paese di provincia, dove vive, la sceglie per «misurare» il terreno sul quale si prevede una grande costruzione. Pur capendo che ci sono degli errori, per non perdere l’incarico decide, suo malgrado, di assecondare il committente. A rendere il tutto più difficile sarà, però, l’incontro con «una donna», scambiata per una giovane profuga, che le annuncerà di essere la madre di Dio mandata proprio a lei per convincerla a costruire in quel posto una chiesa. Tra situazioni inverosimili e gag davvero divertenti, Zanasi realizza un’opera surreale del tutto interessante, dove l’elemento religioso, come ha dichiarato, sembra non essere messo a tema: «Perché non è un film sulla capacità di credere in Dio oppure no. Ma è sulla capacità di credere ancora, nonostante il nostro non essere più bambini». La «Madonna di Lucia» (il nome, tuttavia, non può essere a caso) è così quella parte di noi che con forza «torna a galla», quando forse si è rischiato di seppellirla troppo presto a causa di situazioni contrarie che il corso dell’esistenza, purtroppo, ci ha gettato addosso. Una parabola laica, certamente, ma che comunque, anche se in maniera non dichiarata, profuma ugualmente di bellezza e «vangelo». Un miracolo? Forse solo un sorso d’acqua fresca oppure un tocco di «grazia», che fa sorridere e (ri)dona, in mezzo a tanta nostra tristezza, un pizzico di gioia. E non è poco. (Gianluca Bernardini, sdcmilano.it)

Da piccola, è vero, Lucia vide insieme alla madre un asteroide precipitare in terra; ma aveva sempre pensato di esserselo sognato. Ora, in crisi con gli affetti (lascia il fidanzato superficiale, fatica con la figlia adolescente avuta giovanissima da un altro), con il lavoro di geometra (è precaria, il sindaco suo amico – di una cittadina dell’Italia centrale afflitta dall’immobilismo – le affida un lavoro per rilevamenti catastali ma lei rischia grosso a denunciare le magagne scoperto nel grosso progetto comunale) e soprattutto con se stessa e il suo senso di inadeguatezza, inizia ad avere strane visioni: le appare, cioè, la Madonna. Credendo di avere un esaurimento o un inizio di follia, cerca di curarsi, va da uno psicologo, ne parla con il padre e con un’amica. Ma le apparizioni non diminuiscono, anzi. E Maria le chiede – insistendo parecchio e perfino con le maniere forti, ovvero alzando le mani… – una cosa impossibile: andare «a dire agli uomini» di far bloccare la grande opera architettonica che attira gli interessi di tutto il paese, per far costruire una Chiesa. Senza fermarsi nemmeno alle sue proteste: «Ma io non sono nemmeno credente…». Perché come si fa a credere, al giorno d’oggi, siamo seri… Gianni Zanasi è regista tanti curioso quanto discontinuo, capace spesso di spunti brillanti e intriganti ma raramente capace di “tenerli” fino alla fine. Nella sua carriera, dopo il bell’esordio a metà anni 90 con Nella mischia (dove riprendeva le vite di alcuni adolescenti raccontati anni prima, bambini, in un suo corto), seguirono prove meno convincenti a parte Non pensarci (2007), il suo film più visto, storia di una famiglia disfunzionale con Valerio Mastandrea e Giuseppe Battiston. Ma anche lì, non tutto quadrava al meglio e c’era un che di esile, perfino in quello che quasi tutti considerano il suo lavoro migliore. Adesso, dopo una serie poco fortunata tratta da quel film e il passo falso di La felicità è un sistema complesso (2015), con Troppa grazia – premiato alla Quinzaine a Cannes – torna in gran forma: anzi, nella sua stranezza e pur con un finale che non convince del tutto, il regista emiliano riesce a mantenere in miracoloso equilibrio una storia che rischia di sprofondare nel ridicolo a ogni passo. Perché le visioni di Lucia sono credibili, tanto che dopo un po’ – come lei – dobbiamo arrenderci alla loro plausibilità; come farà l’ex fidanzato, che affettuosamente un po’ la sgrida e un po’ sospetta che Lucia stia perdendo la testa, ma che alla fine sembrerà prendere sul serio le indicazioni di Maria… A rendere credibile tutto (o quasi) il racconto ci sono un gruppo di ottimi attori, messi in condizione di dare il meglio: in primo luogo Alba Rohrwacher, in una delle rare occasioni di mostrarsi divertente (e ne ha le capacità) e straordinaria nel rendere questa Lucia goffa e imbranata, confusa e decisissima, che fugge da quella stravagante presenza che la assilla, ma al tempo stesso ne è via via interrogata. Mentre Elio Germano è misurato nel farle da spalla nei panni dell’ex fidanzato scettico e un po’ cialtrone, e Giuseppe Battiston è semplicemente perfetto nel ruolo del sindaco elegantemente, quasi poeticamente maneggione: «Che c’è di male a cercare di essere più felici?» chiede a Lucia, cercando di convincerla a non svelare quello che ha scoperto… La Madonna è invece interpretata, con candore e forte presenza scenica, dall’attrice israeliana Hadas Yaron, che apprezzammo parecchio anni fa nel bel film La sposa promessa. Troppa grazia semmai ha il difetto di mettere troppi temi sul tavolo, da quello religioso (anche se declinato in un modo che chiunque possa stare al gioco, come in fondo deve fare Lucia che non ci crede ma si adegua, in un film spiazzante e sanamente folle) a quello etico e del lavoro, sul dilemma se sia meglio chiudere un occhio come le viene chiesto – in una condizione di assoluta fragilità e precarietà – o fare sempre il proprio dovere com’è giusto. Ma Zanasi azzecca soprattutto il tono, da commedia leggera ma non vacua, con la giuste dose di stralunaggine ma anche di tenerezza (il duetto tra la figlia e il padre, l’ottimo Teco Celio). E soprattutto incuriosisce nel presentare una Madonna decisa (anche troppo) ma anche tratti portatrice di quella tenerezza di cui Lucia ha un disperato bisogno. Nostalgia di qualcosa che si è nascosto in una angolo dell’anima o semplice gioco? E se è evidente che lo spunto religioso sia giocato sul filo del paradosso, quel Mistero inespresso e inesprimibile mette a disagio e conquista allo stesso tempo. Perché fa pensare che Lucia, se non è pazza, forse ha le allucinazioni; ma è una situazione che procura come minimo un filo di invidia. (Antonio Autieri, sentieri del cinema.it)

Vai dagli uomini e di’ loro di costruire una chiesa dove ti sono apparsa”. Così parla una signora/donna dal manto azzurro a Lucia (Rohrwacher), geometra incaricata di fare alcuni rilevamenti per una megastruttura che dovrà sorgere su un campo. Lucia la scambia per una profuga, ma lei le rivela di essere la madre di Gesù. E a vederla è solo lei, con esiti spesso comici, perché la geometra resiste con tutti i mezzi alle richieste della Madonna, e le due finiscono a volte con l’accapigliarsi. D’altro canto, il progetto, gestito da amministratori di pochi scrupoli in combutta con un vanesio architetto, ha modalità tutt’altro che limpide. Lucia, esasperata, viene spinta in ogni modo ad approvare il progetto, ma le richieste dell’apparizione hanno ovviamente una loro forza persuasiva. Lo spunto di Zanasi è quantomeno curioso, e cerca di inserire tra le pieghe di un cinema italiano medio una ventata di umorismo poco tradizionale, da commedia indipendente americana, che ha spesso caratterizzato le sue cose migliori (come Non pensarci, con Valerio Mastandrea). Forse anche per questo ha convinto i selezionatori della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, dove è stato presentato vincendo anche il premio per il miglior film europeo. Qui l’idea di fondo è la refrattarietà di questa donna (non credente, madre single che ha appena lasciato il compagno, ed è alle prese con un difficile rapporto con la figlia adolescente) alle richieste di una Madonna un po’ svampita e un po’ cocciuta. I primi confronti tra le due, le liti, e alcune gag come quella in cui la Madonna fa da posteggiatrice, sono strane e indovinate. Alba Rohrwacher, come spesso le capita, conferma una vena comica che dovrebbe tirare fuori più spesso, affiancata da Carlotta Natoli come amica sovraeccitata, e dalla giovane Rosa Vannucci nel ruolo della figlia, che in effetti le somiglia in maniera impressionante (meno convincente Elio Germano nel ruolo dell’ex compagno). L’idea un po’ si stempera man mano, le parti sulla figlia o quelle col padre vecchio jazzista sono meno felici, ma la regia di Zanasi è comunque mossa, energica, mai banale anche quando eccede con l’uso della musica. La leggerezza, l’esilità perfino, dello spunto e delle sue variazioni è un’occasione per guardare in tralice un’Italia malinconica, quasi abbandonata, in cui anche la corruzione non ha il sapore sulfureo della commedia anni 70, ma vive in una sorta di opaca rassegnazione. Ancora una volta, come in altri film del regista, la provincia è il terreno d’elezione di un racconto che schiva i sociologismi e i moralismi, rimanendo sospeso e svagato, in maniera spesso piacevole. (Emiliano Morreale, La Repubblica)

Nei film di Gianni Zanasi succedono sempre un sacco di cose ma nulla accade davvero se non nella testa dei personaggi. Che sono fragili, disorientati, tormentati, tenaci, sognatori di fuori ma concreti di dentro. Gente che vorremmo conoscere insomma, e di cui c’è un gran bisogno, anche perché non guardano mai solo a se stessi ma al mondo. In “Non pensarci” e “La felicità è un sistema complesso” toccava a Mastandrea ispezionare lo scarto tra ideali e realtà (due delle sue migliori prove in assoluto, non a caso), ma il femminile cominciava a farsi sentire. Così al centro di “Troppa grazia” troviamo un’impagabile Alba Rohrwacher, mamma single, geometra inflessibile, gran faccia di bronzo. Una che per far bene il suo lavoro (e farlo far bene agli altri, impresa disperata) è disposta a tutto. Anche a parlare con la Madonna: come succede, letteralmente, quando la divaricazione fra ciò che è e ciò che vorrebbe si fa troppo drammatica. Anche se la Madonna (meravigliosa Hadas Yaron) ovviamente appare solo a lei, non ai tanti corrotti e rassegnati che si preparano a devastare una vallata incantevole con ruspe e bulldozer. Mentre lei deve anche vedersela con una figlia adolescente scontrosa, un ex forse non così ex (Elio Germano), un padre ex jazzista che ha sostituito l’eroina con Facebook ma dev’essere stato un buon padre (Teco Celio). Magari l’insieme, così seducente e bislacco, avrebbe guadagnato a restare più vago, sospeso, mentre Zanasi (con Michele Pellegrini, Giacomo Ciarrapico e Federica Pontremoli alla sceneggiatura) mette molti puntini sulle i. Magari l’idea della lotta con questa Madonna-Super Io, soave e manesca, è così forte e divertente da far ombra alle altre sottotrame. Ma basterebbe la scelta di fare di una timida geometra un’irriducibile pasionaria a dire la genialità di questa fiaba gentile e personalissima. Così felicemente fuori del tempo nei modi, e così dolorosamente contemporanea nella sostanza. (Fabio Ferzetti, L’Espresso)

Geometra precaria in perenne crisi, Lucia (Alba Rohrwacher è la vittima ideale di un raggiro ordito da un sindaco maneggione (Giuseppe Battiston) e un architetto rapace (Thomas Trabacchi), in cerca di misurazioni taroccate per una speculazione immobiliare improbabile quanto vicina alla realtà. Il film la segue, a partire dalle discussioni con il compagno Arturo (Elio Germano), fin nei meandri di un impiccio sempre più viscoso, la cui via d’uscita è in realtà semplicissima e lineare, ma assai difficile da percorrere. (Luca Mosso, Tutto Milano)

La felicità è un sistema complesso. E Gianni Zanasi lo sa bene. Ancora una volta trasporta lo spettatore nella provincia italiana, tanto cara al suo cinema. Costruisce un’atmosfera magica, a cavallo tra realismo e spiritualità. Porta sul grande schermo una commedia spesso drammatica, dai colori accesi. Spinge a riflettere sul concetto di fede. Una madre vede la Madonna, tutti pensano che sia matta. La sua “bambina” la guarda con diffidenza, il compagno sembra quasi canzonarla, la società la deride. (Gian Luca Pisacane, Famiglia Cristiana)

Una fiaba di accento civile, un monito morale, una commedia fantastica piantata in un fertile terreno di problemi reali. Una ragazza tosta e sbrigativa col velo azzurro appare alla geometra precaria e laica Lucia (Rohrwacher). Pretende la sospensione di un progetto edilizio illegale e la costruzione di una chiesa. Dice di essere la Madonna e Lucia se la vede sparire e ricomparire… (Silvio Danese, Quotidiano Nazionale)

La Madonna è apparsa alla Rohrwacher. In «Troppa grazia» di Zanasi la biondissima e diafana attrice, da molti esaltata ed altrettanti incompresa, è la protagonista di una commedia dalle cadenze surreali e grottesche: geometra alle prese con un periodo tormentato della vita, a un certo punto inizia a parlare, litigare, fare a botte con una celestiale figura di donna che può vedere solo lei e le procura prima terrore, poi rabbia, quindi crisi di nervi e infine un barlume di confidenza…. (Valerio Caprara, Il Mattino)

Sarà l’apparizione della Madonna alla Rohrwacher (che non è più né Il Miracolo né la notizia) o l’apparizione della Rohrwacher alla Madonna che le mette addirittura le mani addosso, ma Troppa grazia non si sa proprio da dove piova. L’Alba pellegrina ha a cuore la propria credibilità ed è sorda alle reiterate invocazioni della Vergine, che la prega di costruire un’altra Lourdes. (Stefano Giani, Il Giornale)