LUOGHI E STORIE DI LOMBARDIA – La leggenda nera del Tombon de San Marc

LUOGHI E STORIE DI LOMBARDIA

La leggenda nera del Tombon de San Marc

Le leggende locali non sono soltanto il “sale” di un territorio ma costituiscono spesso anche la chiave per comprendere nel profondo cultura, sentimenti ed abitudini delle persone che vi risiedono. Quest’assunto rileva in particolare a Milano, alla luce delle profonde trasformazioni che l’hanno interessata nel tempo obliterando in qualche modo le caratteristiche dei vari quartieri. Pur in tempi di globalizzazione e “Città Metropolitana” ogni zona di Milano serba ancora nella memoria collettiva o individuale un ricordo o una tradizione distintiva. A volte la leggenda si lega indissolubilmente ad un monumento o ad un sito particolare e costituisce la modalità per riscoprirlo o “vederlo” in un’ottica diversa rispetto al quotidiano. È affascinante provare a recuperare nella “vulgata” popolare l’eventuale presupposto storico, depurandolo dalle incrostazioni fantastiche lasciate dalla trasmissione orale e dal tempo. Quest’ultima operazione riserva non di rado soddisfazioni impagabili perché consente di dare una chiave di lettura a fatti e circostanze altrimenti inspiegabili.

Se si confrontano, ad esempio, i tanti quadri di Inganni che riproducono il quartiere di San Marco alla metà dell’Ottocento tomboncon immagini odierne si fa fatica a riconoscerlo. Il grande vedutista amava riportare nel dettaglio costumi ed abitudini della gente di Brera e questo ci consente di rilevare quanto sia cambiato questo pittoresco angolo della città. È passato meno di un secolo da quando la chiusura dei navigli interni ha portato alla copertura anche del “laghetto”, il caratteristico porticciolo in cui confluiva un tempo il Naviglio della Martesana. In corrispondenza dei bastioni si apriva a quei tempi il “Tombon”, un canale stretto e lungo presso cui c’era la garitta dei gabellieri incaricati di riscuotere il dazio d’ingresso delle merci. Brera era all’epoca un vivace quartiere popolare e “bohemienne”. All’uscita del “Tombon” il naviglio si immetteva prima nella conca detta dell’Incoronata (per la vicinanza dell’omonima chiesa), quindi sottopassava all’altezza dell’odierna Montebello l’omonimo ponte per immettersi nel “laghetto”. Da qui il Martesana finiva nella cerchia interna in corrispondenza della chiesa di San Marco. Lungo le rive del “laghetto” si sono fermati a conversare, tra gli altri, Stendhal, che amava quest’angolo di Milano per le mille suggestioni create dal canale e dai suoi ponti. Non tutti sanno però che in San Marco, prima del porto, sorgeva uno dei principali cimiteri cittadini. Secondo un’accreditata versione il nome “Tombon” deriva proprio da questa circostanza. La leggenda vuole che fu proprio l’aver turbato i morti nel loro sonno eterno a portare conseguenze nefaste al “laghetto”.

Il fatto che il Martesana, nel suo ultimo tratto, raccogliesse le acque del Seveso, cedendole in parte al Redefossi, comportava infatti all’altezza del “Tombon” e del vicino ponte di Montebello frequenti mulinelli e correnti d’acqua. Chi aveva la sventura di cadere in acqua in quel punto veniva spesso risucchiato dalla corrente. La credenza popolare voleva che fossero i morti dell’antico cimitero di San Marco a ghermire gli sventurati. Per questo motivo, Montebello divenne tristemente noto come il “ponte dei suicidi” in quanto vi arrivavano in parecchi che, per motivi vari, decidevano di farla finita e sparire. Alla leggenda del “ponte dei suicidi” ed alle frequenti apparizioni di fantasmi lungo le rive del laghetto fanno riferimento, tra gli altri, Filippo Turati e Riccardo Bacchelli che soggiornarono a Brera. C’è anche chi sostiene che l’aver coperto il “laghetto” non sia servito a placare gli ospiti dell’antico cimitero.

Attenti quindi a passeggiare la sera da quelle parti!

Giancarlo Mele

NÜM TÜCC INSEMA – “noi tutti insieme” – Unione Pensionati UniCredit Gruppo Lombardia

I Quadrimestre 2017

Giancarlo Mele, già collega presso la sede di Milano e divenuto, in quiescenza, giornalista e scrittore. ha collaborato con varie testate (fra cui il GIORNO) e periodici. Da qualche anno, si occupa della valorizzazione del territorio milanese e del suo indotto per l’editore Meravigli, con il quale ha recentemente pubblicato “Martesana e Adda, tra storia e leggenda”. Il contributo proposto è tratto dal suo ultimo libro ed illustra un aspetto forse poco noto della vasta e intrigante storiografia milanese.