LUOGHI E STORIE DI LOMBARDIA – La Riviera di Milano: storie di coriandoli e ville patrizie

LUOGHI E STORIE DI LOMBARDIA

La Riviera di Milano: storie di coriandoli e ville patrizie

Nell’articolo precedente si è parlato di Brera e delle leggende che circondano lo storico “Tumbon de San Marc”. Stavolta, Giancarlo Mele ci propone un viaggio nel passato di un altro storico quartiere milanese, un tempo caratteristico borgo residenziale. Crescenzago, con le sue splendide ville adagiate lungo il Naviglio, serba memorie affascinanti e … per certi versi sorprendenti.

Verso la fine del Settecento il tratto del naviglio compreso tra le attuali vie Adriano ed Idro divenne luogo di villeggiatura per ricchi borghesi ed altolocati militari, tanto da meritarsi la definizione di “Riviera di Milano”. Un quadro di Domenico Aspari, rivieraoggi esposto al Museo di Milano in via Sant’Andrea, ce ne riporta intatto fascino e splendore. Nel quadro sono ben visibili tre ville affacciate sull’attuale via Amalfi: la Petrovic, la De Ponti e la Pino. La prima, dominata da una torretta, è ancor oggi ricordata dai vecchi residenti per essere stata sede, sino ai primi anni del secondo dopo guerra, del collegio Tronconi per maestre d’asilo. Villa de Ponti, sorta come prebenda vescovile e riconvertita a residenza dalla famiglia Monti, fu acquistata alla fine del Settecento dal conte Sormani; deve il suo nome all’ultimo proprietario subentrato alla fine dell’800. La terza villa ritratta dall’Aspari appartenne invece a Domenico Pino, personaggio dalla vita avventurosa che legò le sue fortune a Napoleone. Fu tra i primi ad arruolarsi nella Legione Lombarda coprendosi di gloria e raggiungendo in breve alte onorificenze. Venne nominato prima Ministro della Guerra poi conte del nuovo Regno d’Italia, infine grand’ufficiale della Legion d’Onore e conte dell’impero francese nel 1810. Con grande dignità, dopo la sconfitta di Napoleone e la Restaurazione, declinò l’offerta di ricoprire l’incarico di tenente feldmaresciallo con il nuovo regime e preferì ritirarsi nella splendida villa d’Este a Cernobbio, senz’altro la sua residenza più famosa, dove si spense nel 1826.

Non figurano nel quadro dell’Aspari, ma meritano senz’altro attenzione, altre due ville della “Riviera”. La prima, con ingresso da via Amalfi, è la settecentesca Albrighi. La seconda, con accesso da via Meucci 3, è conosciuta invece come villa Pallavicini dal nome dell’associazione culturale che ne utilizza i locali dal 1996. Si tratta in realtà della storica villa Lecchi che prendeva nome dalla famiglia che ne fu prima proprietaria. Esponente di spicco di questa famiglia fu il gesuita Giannantonio, studioso di filosofia e matematica a Brera, prima di essere chiamato a Vienna dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria a occuparsi di idrografia. A villa Lecchi fu ospitato Francesco I nel 1816, la notte prima di fare il suo ingresso trionfale a Milano dopo la caduta di Napoleone. A fine Ottocento la villa ospitò invece una filanda; sul muro che costeggia il Martesana si notano ancora le tracce della ruota che ne muoveva i macchinari. Fu il proprietario dell’epoca, Enrico Mangili, ad avere l’idea di utilizzare i dischetti di carta, che erano uno scarto di lavorazione, per sostituire i semi di coriandolo coperti di zucchero che venivano utilizzati all’epoca a Milano in occasione del Carnevale. Al Mangili viene attribuita anche l’invenzione delle stelle filanti, forse ispirate dai nastrini di carta usati per trasmettere i messaggi telegrafici. Oltre che abile uomo d’affari, Mangili fu anche molto caritatevole. Contribuì alla fondazione dell’asilo che ospitava i figli delle filatrici di Crescenzago. Nel giardino dell’asilo in via Padova 269 ancora oggi un busto lo ricorda.

Giancarlo Mele

NÜM TÜCC INSEMA – “noi tutti insieme” – Unione Pensionati UniCredit Gruppo Lombardia

II Quadrimestre 2017

Una risposta a “LUOGHI E STORIE DI LOMBARDIA – La Riviera di Milano: storie di coriandoli e ville patrizie”

  1. Mi è piaciuto leggere questo articolo informativo su una Milano che molti di noi non conoscono grazie a voi per avercelo trasmesso e a Giancarlo Mele per averlo
    scritto.

    Angela Peano

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