Cine 4 – VELOCE COME IL VENTO

Cine 4 – VELOCE COME IL VENTO

giovedì 27 aprile ore 15.30 e 20,45 – € 5,00 (€ 3,50 under 25 e convenzionati)

  • NASTRI D’ARGENTO 2016 PER: MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (STEFANO ACCORSI) E MONTAGGIO. PREMIO GUGLIELMO BIRAGHI PER GLI ATTORI PIÙ GIOVANI A MATILDA DE ANGELIS (INSIEME A RIMAU GRILLO RITZBERGER, VALENTINA ROMANI, LEONARDO PAZZAGLI, ALESSANDRO SPERDUTI PER “UN BACIO” DI IVAN COTRONEO), PREMIO ‘GRAZIELLA BONACCHI’
  • NASTRI D’ARGENTO-SIAE PER I NUOVI SCENEGGIATORI A FRANCESCA MANIERI (INSIEME AD ALBERTO CAVIGLIA PER “PECORE IN ERBA” E PIERO MESSINA PER “L’ATTESA”). IL FILM ERA CANDIDATO ANCHE PER LA MIGLIOR FOTOGRAFIA (MICHELE D’ATTANASIO È STATO CANDIDATO ANCHE PER “LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT” DI GABRIELE MAINETTI).
  • DAVID DI DONATELLO 2017 PER: MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (STEFANO ACCORSI), AUTORE DELLA FOTOGRAFIA, TRUCCATORE (LUCA MAZZOCCOLI), MONTATORE, SUONO ED EFFETTI DIGITALI. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR FILM, REGISTA, SCENEGGIATURA ORIGINALE, PRODUTTORE, ATTRICE PROTAGONISTA (MATILDE DE ANGELIS), ATTRICE NON PROTAGONISTA (ROBERTA MATTEI), MUSICISTA, CANZONE ORIGINALE (“SEVENTEEN”), COSTUMISTA E ACCONCIATORE (ALESSIO POMPEI).
Genere: Drammatico
Regia: Matteo Rovere
Interpreti: Stefano Accorsi (Loris De Martino), Matilda De Angelis (Giulia De Martino), Roberta Mattei (Annarella), Paolo Graziosi (Tonino), Lorenzo Gioielli (Ettore Minetti); Giulio Pugnaghi (Nico De Martino), Tatiana Luter (Eva).
Nazionalità: Italia
Distribuzione: 01 Distribution
Anno di uscita: 2016
Origine: Italia
Soggetto e sceneggiatura: Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere
Fotografia: Michele D’Attanasio (Scope/a colori)
Musiche: Andrea Farri
Montaggio: Gianni Vezzosi
Durata: 119′
Produzione: Domenico Procacci per Fandango con RAI Cinema.
Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti *
Tematiche: Famiglia; Famiglia – fratelli sorelle; Sport;

Soggetto:

Giulia De Martino è diventata presto un pilota di successo nel Campionato GT sotto la guida del padre Mario. Quando questi viene a mancare, Giulia si trova ad a dover affrontare da sola la pista. E a pensare al fratello Loris, un ex pilota ormai al tramonto, e al fratellino Nico, piccolo e sensibile…

Valutazione Pastorale:

Dopo due film variamente intrecciati sul versante psico-sociologico e, a dire il vero, non del tutto riusciti (Un gioco da ragazze, 2008; Gli sfiorati, 2011), Rovere cambia decisamente registro, scenario, ambito di riferimento. Scegliere come scenario il mondo delle corse automobilistiche, e focalizzare in una ragazzina di 17 anni la protagonista principale significa avviarsi all’interno di una storia che si scontra con una realtà dinamica e movimentata, fatta di inciampi, distinguo, errori, occasioni e qualche rimpianto. Loris e Giulia cominciano con una violenta litigata, con un’ostilità reciproca che significa la non volontà di fare qualche passo avanti. E’ solo attraverso un percorso fatto di piccoli/grandi passi e di progressiva comprensione che Loris e Giulia fanno scattare la luce di quella ritrovata armonia che vuol dire un futuro diverso e migliore. Sembra quasi incredibile che un finale così ‘positivo’ arrivi a suggellare una vicenda italiana. In realtà il copione elimina facili soluzioni, sdolcinamenti e banali armonie. Forse il clima emiliano romagnolo si adatta troppo semplicemente alla vicenda in fin dei conti non troppo ‘negativa’. Forse il realismo cede presto all’altra faccia della favola, e il finale arriva a riempire un vuoto persino immaginato e non dichiarato. Resta tutto il comparto di contorno: le corse, le riprese sulle piste e nelle strade, la scelta della lingua locale, i personaggi di contorno che fanno autenticità e costruiscono quella idea di sporco, di fango, di pericolo che crea suspence e tensione. Il film è comunque di encomiabile tenuta e, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e meritevole di dibattiti.

Utilizzazione:

il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e, in successive occasioni, come esempio di produzione nazionale che cerca di entrare nel ‘genere’ con bella padronanza espressiva.

Scarica qui la nostra scheda del film

Critica:

“(…) Matteo Rovere cambia pelle e ambizioni: non più il ritratto psicologico di una condizione esistenziale (e di un pubblico che voglia rispecchiarvisi) ma un film dichiaratamente di genere (…) dove il melodramma è temperato da abbondanti dosi di adrenalina. La storia di un riscatto impossibile e quasi neppur cercato che però si impone nelle cose e costringe il protagonista a farsi carico delle proprie azioni e delle proprie scelte. (…) dopo una prima parte quasi «illustrativa», dove il film cerca di raccontare allo spettatore la tempra di Giulia, l’autodistruttività di Loris, la fragilità di Nico e soprattutto la tensione sportiva delle gare Gran Turismo, la sceneggiatura (…) scommette tutto sul percorso di riscatto dell’ex pilota e sulla sua capacità di trasmettere alla sorella la propria abilità e la propria esperienza. È il cuore del film, quello che dovrebbe imprimere la svolta emotiva al racconto, ma è anche quello che mette in evidenza il divario di qualità tra l’interpretazione e la regia. O meglio: tra l’impegno messo nel costruire il personaggio di Loris e quello riservato alla messa in scena. Da quando lo spettatore fa la conoscenza di Loris, appare evidente che tutto il resto è destinato (quasi) a scomparire. Accorsi si mette in gioco come ultimamente non aveva più fatto, con uno scrupolo di realismo non molto comune nel cinema italiano. A volte forse con un po’ di autocompiacimento di troppo ma comunque prendendo sulle spalle il film e la sua carica emotiva. L’esordiente Matilda De Angelis si ferma a una scontata dimostrazione di rabbiosa testardaggine e il Tonino di Paolo Graziosi viene presto dimenticato (mentre forse la sceneggiatura avrebbe potuto sfruttarlo meglio). A bilanciare la prova di Accorsi ci sono solo le riprese delle gare automobilistiche, piuttosto ripetitive per definizione. Ci sarebbe voluto un altro tipo di messa in scena, probabilmente, più attenta a dare spessore e concretezza a tutti i personaggi e non solo ad Accorsi, capace magari di raccontare meglio il mondo delle gare (…). E scavare un po’ di più nella psicologia di Giulia tanto da farne una reale coprotagonista e non solo la sfumata figura di sfondo cui è ridotta. Ci sarebbe stato, forse, il bisogno di guardare con più attenzione chi quella strada l’aveva già battuta (un esempio per tutti: ‘The Fighter’ di David O. Russell) per riflettere sul necessario equilibrio tra le componenti, tra le gare e la vita, tra le ambizioni e i risultati. Così resta soprattutto il volonteroso tentativo di percorrere una strada insolita per le produzioni italiane, l’aver ritrovato un attore che sembrava smarrito dietro a ruoli troppo ripetitivi e l’ambizione di un cinema alla ricerca di una chiave realistica che sia lontana da tanti luoghi comuni. Accontentiamoci.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’)

“Mancava una tessera nel puzzle del buon cinema di genere che sta risollevando il cinema italiano. Un film d’azione. Lacuna colmata: ‘Veloce come il vento’ di Matteo Rovere (…) è una vera sorpresa (…). Un piccolo grande esempio di ciò che si può fare con pochi ingredienti trattati con cura (…). Piccolo perché non è certo un film ad alto costo, eppure non manca niente, chi cerca prodezze da videogame ripassi i vari ‘Race’ e ‘Fast and Furious’. Grande per come declina in chiave italiana una parabola che sembra caduta da un angolo sperduto degli Usa, ma solo perché il nostro cinema non va più a caccia di storie e di ambienti. Mentre qui c’è un microcosmo preciso, con tutte le sue belle mitologie già apparecchiate: il mondo delle corse GT, che fra un rombo e una derapata accoglie a meraviglia i sentimenti estremi di una storia di famiglia e redenzione basata sul classico scontro tra opposti. (…) intonatissima Matilde De Angelis (…) entusiasmante Stefano Accorsi, al suo meglio storico (…) Roberta Mattei, forse l’unica figura sacrificata del film (…) un crescendo catartico quasi alla Rocky, ma sempre palpitante e credibilissimo. Un po’ perché nutrito di mille dettagli autentici, a partire dalla lingua, che mescola il gergo dei motori a musicalità emiliano-romagnole. Un po’ perché, tra curve e bravate, la solida trama spettacolare poggia sempre su un nitido sottotesto affettivo che rende quei due fratelli così diversi quasi una metafora di due possibili Italie: una operosa e una parassitaria, una rispettosa delle regole, l’altra pronta a travolgerle. Anche se naturalmente è proprio quando queste due anime si incontrano che prendono il volo. (…) film che recupera in chiave mitologica un bel pezzo di Italia.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’)

“Matteo Rovere, che da produttore si è fatto un nome con Smetto quando voglio e The Pills, si è ispirato alla figura controversa del pilota di rally Carlo Capone (…). II film lo mette in scena, attraverso l’interpretazione di Stefano Accorsi (estrema, sofferente e non solo grazie all’ausilio del trucco), come fratello maggiore inaffidabile ma capace di un almeno momentaneo riscatto, della minorenne Giulia. (…) Tentativo non del tutto convincente ma rispettabile. Da notare la prova della ventenne Matilda De Angelis (…).” (Paolo D’Agostini, ‘La Repubblica’)

“Il termine ‘subcultura’ (o ‘sottocultura’ che dir si voglia) non ha, in antropologia, una valenza negativa: indica quei gruppi sociali che tendono a distinguersi nell’ambito di una sodata più ampia per scelte e valori che possono riguardare la religione, la politica ma anche ambiti più ‘leggeri’ come la moda, la musica, lo stile di vita. (…) In Romagna, terra che tanto ha dato al cinema, all’arte e alla poesia, esiste una radicata subcultura legata alla passione per i motori, a due e a quattro ruote. (…) ‘Veloce come il vento’ è un film immerso in questo mondo. (…) In questo terzo film Rovere fa uno spettacolare salto di qualità come regista: ‘Veloce come il vento’ è scritto sapientemente, benissimo recitato, girato splendidamente; se fosse americano, sarebbe un gioiellino indipendente degno di ‘Easy Rider’ e dei film motoristici di Roger Corman (…). La trama nasconde un tema forte, il ricomporsi di una famiglia distrutta, il ritorno di affetti che si credevano perduti. Accorsi non è mai stato così bravo e la giovane Matilda De Angelis è una rivelazione.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’)

“L’ha detto ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’, lo ribadisce ‘Veloce come il vento’: l’unica via d’uscita per il cinema italiano è sfanculare i padri – più o meno – nobili e aderire al genere. Così si riaffeziona un pubblico, così si dribbla la (supposta) dicotomia tra (pretesa) autorialità e (presunta) commerciabilità, così si fa ritorno al futuro, quando nei nostri Anni 60 e 70 il genere suggellava il prezioso sodalizio tra cineasti e spettatori. Le analogie tra Gabriele Mainetti (…) e Matteo Rovere (…) non sono trascurabili, e le possiamo riassumere così: adesione al genere, comprensione – e controllo – dei meccanismi produttivi, concezione spettatoriale anziché autoriale del film, direzione e ‘redenzione’ d’attori e lo stesso direttore della fotografia Michele D’Attanasio. (…) Dopo un film sballato, ‘Un gioco da ragazze’ (2008), e uno sbagliato, ‘Gli sfiorati’ (2011), al terzo tentativo Rovere spariglia le carte in tavola: sa Dio quanto gli errori partoriscano il buon cinema. L’avremmo detto soprattutto produttore di discreto presente e ottimo (…) futuro, ma anche da regista è niente male e potrebbe essere ancora meglio. Accanto a un finale troppo ‘pilotato’ e alcuni snodi drammaturgici stracchi, l’unico neo di ‘Veloce’ è proprio la regia, che qui e là non osa abbastanza e s’accontenta, forse timorosa di sovrastare la storia. In realtà, il rischio era calcolabile, ed è pari a zero, perché questa storia di ‘azione e sentimenti’, come Rovere l’ha presentata al produttore Domenico Procacci, conquista, mettendo su strada e su schermo debolezze e resistenza, aneliti e sopravvivenza, con un’unica grande pretesa: essere davvero un ‘film per tutti’. (…) Una parola per Accorsi: smagrito, i capelli radi, le ciabatte indolenti e un tutore sull’avambraccio, fosse un divo americano avrebbe l’Oscar in tasca; non lo è, ma questa prova, sapida, terragna e godibile come il film che la ospita è forse la migliore della sua carriera. Dunque, finiamola di idolatrare i soliti Sorrentino e Garrone, di rimpiangere i maestri andati e celebrare quelli, sparuti, ancora in vita e guardiamo a questi ‘corpi intermedi’, Rovere e Mainetti, capaci di dire pane al pane e cinema al cinema: giovani registi e film di genere, non abbiamo bisogno di altro.” (Federico Pontiggia, ‘Il Fatto Quotidiano’)

“Piacerà ai cacciatori di adrenalina che si sorprenderanno a provare emozioni quasi sempre monopolio del cinema ricco americano (‘Veloce come il vento’ non lo è anche se lo sembra). E gradiranno gli scorci emiliani messi in pagina con evidente simpatia.” (Giorgio Carbone, ‘Libero’)

“Appassionato melò, schierato dalla parte degli sfigati. (…) Una specie di ‘Gran Premio’ (con Liz Taylor) versione auto anziché ippica. Bravo Accorsi, mai così bisognoso di shampoo e rasoio.” (Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’)