Cine 4 – Old Man & the Gun

Cine 4 – Old Man & the Gun

mercoledì 25 settembre ore 21 – giovedì 26 settembre ore 15.30 e 21

  • SELEZIONE UFFICIALE ALLA XIII EDIZIONE DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA (2018).
  • CANDIDATO AI GOLDEN GLOBES 2019 PER: MIGLIOR ATTORE (ROBERT REDFORD) IN UN FILM MUSICAL O IN UNA COMMEDIA.

Genere: Biografico – Drammatico
Regia: David Lowery
Interpreti: Robert Redford (Forrest Tucker), Sissy Spacek (Juwel), Casey Affleck (Detective John Hunt), Danny Glover (Teddy Green), Tika Sumpter (Maureen Hunt), Tom Waits (Waller)
Nazionalità: USA
Distribuzione: Bim Distribuzione
Anno di uscita: 2018
Data uscita Italia 20 dicembre 2018
Origine: USA
Soggetto: David Grann
Sceneggiatura: David Lowery, tratto dall’articolo di David Grann apparso sul quotidiano “The New Yorker” il 27 gennaio 2003
Fotografia: Joe Anderson (colore)
Musiche: Daniel Hart
Montaggio: Lisa Zeno Churgin
Scenografia: Scott Kuzio
Costumi: Annell Brodeur
Durata: 93′
Produzione: James D. Stern, Dawn Ostroff, Jeremy Steckler, Robert Redford, Anthony Mastromauro, Toby Halbrooks, James Johnston, Bill Holderman
Tematiche: Carcere, Giustizia, Politica-Società
Valutazione: Brillante, Consigliabile, Adatto per dibattiti

Soggetto:

Stati Uniti anni ’70. Forrest Tucker è un rapinatore contraddistinto da uno stile discreto ed elegante, senza mai usare la pistola. Mette in fila una serie di furti in banche di ogni dimensione e durante una fuga conosce la vedova Jewel, che sembra indurlo a cambiare stile di vita…

Valutazione Pastorale:

Classe 1980, David Lowery con “The Old Man & the Gun” realizza un film di grande fascino e atmosfera, tutto centrato sulla figura e la carriera di Robert Redford. E il celebre divo hollywoodiano, a 82 anni, ha deciso di congedarsi dal cinema proprio con quest’opera. Il film prende le mosse da una vicenda realmente accaduta, la storia del rapinatore di banche Forrest Tucker; si concentra in particolare sugli ultimi colpi del truffatore Usa negli anni ’80, in età orami avanzata. Attraverso la vicenda di Tucker, Robert Redford condensa tutta la sua straordinaria galleria di personaggi interpretati in oltre mezzo secolo di carriera. Il film si propone come un abito ideale, su misura, per Redford che porta in scena tutta la sua eleganza, ironia e intensità di sguardo. È sì un testamento artistico, ma anche la conferma di una bravura senza tempo. Questo film sembra richiamare anche il recente “Le nostre anime di notte”, dove Redford duettava con Jane Fonda. Qui in “The Old Man & the Gun” a fargli da spalla c’è la sempre affascinante Sissy Spacek. Vediamo i due grandi di Hollywood marcare con intensità e poesia due figure al tramonto della vita, capaci di provare ancora emozioni e tenerezza. In generale, il film ha un buon andamento grazie alla capace regia di David Lowery, ma tutto poggia sulla bravura di Redford, un grande signore dello schermo. Dal Punto di vista pastorale, il film è consigliabile e brillante. Per tutti i tipi di pubblico.

Utilizzazione:

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, per tutti i tipi di pubblico.

Scarica qui la nostra scheda del film

Critica:

Lucciconi all’Auditorium. Ieri erano tutti commossi davanti a The old man & the gun di David Lowery e non solo perché Robert Redford è un 74enne rapinatore di banca gentiluomo che sorride quando punta la pistola, posseduto da una gioviale dipendenza a delinquere che sa un po’ di seria depressione («Voglio che il bambino che ero sia sempre fiero di me»). (Francesco Alò, Il Messaggero)

È curioso ma non troppo che Robert Redford, per il proprio addio alla recitazione, abbia scelto un film piccolo e crepuscolare, in tono minore. Perché le atmosfere del film sembrano rimandare alla grande stagione dell’attore, fra anni 60 e 70, cantandole con toni da ballata tipici di quel cinema. Siamo nel 1981, e Forrest Tucker (stesso nome di un caratterista di film di guerra e western del tempo che fu) è un rapinatore ormai anziano, plurievaso, e ancora attivissimo. Oltre alla pistola, che forse non ha mai usato in vita sua, ha l’arma del fascino, modi da gentleman che quasi incantano le vittime. Sulle sue tracce c’è un poliziotto in difficoltà (Affleck), ma Tucker dal canto suo sembra ormai stanco, e trova conforto nell’incontro con una signora anche lei avanti negli anni (Spacek), con la quale sogna di metter su casa. La storia, vera, era stata raccontata da un giornalista del New Yorker (è raccolta ora in un libro edito da Corbaccio), ed è scritto e diretto da David Lowery, che all’epoca dei fatti aveva un anno e che si è finora mosso tra cinema indipendente e mainstream. Il fascino del film è nel suo essere fuori tempo, nella sua adesione al fascino anarcoide degli eslege e dell’avventura (“Non si tratta di guadagnarsi da vivere, si tratta di vivere”), nel suo romanticismo senile e nella sua galante ironia. Nelle musiche un po’ sdolcinate alla Henry Mancini, nelle fughe rese affannose dagli anni e nella faccia di Redford, che a volte ostenta un ingombrante apparecchio acustico e cammina ormai come camminano i vecchi. (Sì, Forrest Tucker è un suo autoritratto). È un piccolo film, questo, in fondo già visto, ma come può non star simpatico? Si rivedono Sissy Spacek, uguale dopo tanti anni, Danny Glover, e addirittura Tom Waits. L’azione cede il posto all’elegia, l’unica sparatoria è fuori scena, la scena più bella è quella in cui la coppia di anziani va in una gioielleria e Sissy Spacek fa un gesto e un sorriso indimenticabili, tenendo sotto braccio il partner. E in un flashback, mentre vengono ripercorse le evasioni del protagonista, rivediamo sobbalzando il divo con l’aspetto di un tempo, in fotogrammi tratti da La caccia di Arthur Penn. (Emiliano Monreale, La Repubblica)

Avvincente, malinconico poliziesco, dal ritmo blando e con i toni della commedia, ispirato a una storia vera. Nel 1981 in Texas l’anziano rapinatore Forrest Tucker svaligia le banche sorridendo. (Massimo Bertarelli, Il Giornale)

Un bandito d’altri tempi, che rapina con grazia e delinque per il gusto di farlo, o, meglio, per dimostrare a se stesso che quella sua specialità non ha perso smalto, ma anzi è sempre suscettibile di miglioramenti. Per dare il suo addio alle scene – anche se eserciti di fan non smettono di sperare in un ripensamento, Robert Redford ha scelto, in Old Man & The Gun, un ruolo che sintetizzai punti di forza della sua carriera. Anzi, in alcune scene, come quella dell’inseguimento finale, li cita apertamente, dalla Stangata a Corvo rosso non avrai il mio scalpo, quasi per offrire al pubblico un piccolo compendio dei suoi personaggi chiave. (Fulvio Caprara, La Stampa)

Old man & the Gun è il film con cui Robert Redford saluta il mondo del cinema in qualità di attore ed è un saluto alla sua maniera. sorridente e un po’ piacione. Un film piccolo, misurato nei toni, ben scritto e girato con un tocco leggero da David Lowery, regista proveniente da quella fucina di talenti che è stato il Sundance Film Festiva! (rassegna creata proprio da Redford). Un lavoro tagliato su misura su Redford per permettergli di incarnare per l’ultima volta quel tipo di antieroe romantico e gentile, che lo ha consacrato presso il grande pubblico. (Roberto Recchioni, Il Messaggero)

Come i titolari di un’affermata ditta, la & commerciale tra il vecchio uomo e la pistola del titolo combina i decenni di attività di un rapinatore gentleman (storia vera, 16 evasioni 16, dagli articoli di David Grann). Nell’ultima avventura di quel professionista artista che ha vissuto, Redford fa brillare se stesso e i suoi ruoli nel corso del tempo, e nell’arma finta-vera, comunque mai mostrata, il cinema che ha percorso, riuscendo a non diventare il monumento di se stesso. (Silvio Danese, Quotidiano Nazionale)

“The Old Man & The Gun” doveva essere l’ultimo titolo della sua lunga e gloriosa carriera, ma sembra che l’ottantunenne Robert Redford ci abbia già ripensato. In ogni caso il film, tratto da una storia vera e in particolare da un memorabile articolo scritto dal giornalista David Grann sul “New Yorker”, ne rispolvera il carisma nell’elegante ma non sempre avvincente ballata dedicata alle imprese del bandito gentiluomo Forrest Tucker, rapinatore seriale di banche, ospite abituale delle patrie galere e specialista di rocambolesche evasioni, l’ultima compiuta a settant’anni suonati. (Valerio Caprara, Il Mattino)

«Era gentile», «sembrava contento», «armato? Non sono sicuro». Volti non contratti dalla paura, quanto perplessi, meravigliati, come se stessero svegliandosi da una trance. Lo shock degli impiegati di banca dell’ultimo film di David Lowery, Old Man & the Gun, non è quello a cui siamo abituati dopo una rapina in un gangster film. Forse perché Lowery, qui anche sceneggiatore, ha un modo tutto suo di riscrivere storie già viste (come nel gotico Storia di un fantasma, e nel western Senza santi in paradiso); o, più probabilmente, perché l’uomo che si affaccia allo sportello di una catena di banche tra il Texas e il Midwest, porgendo ai cassieri una borsa che riempiranno di denaro senza battere ciglio, ha il volto di Robert Redford. (Giulia D’Agnolo Vallan, Il Manifesto)

«Quel che segue è quasi tutto vero». Così iniziava Butch Cassidy, quasi mezzo secolo fa, e così inizia Old Man & the Gun, la ballata nostalgica con cui Robert Redford si congeda dal mestiere d’attore. La storia quasi vera è quella di Forrest Tucker, ultrasettantenne rapinatore di banche e collezionatore di evasioni: lui e i suoi complici erano noti negli anni 80 come la “Over-the-Hill Gang”, la banda dei vecchietti. Cortese e carismatico, Tucker colpisce a mano disarmata (come i “rapinatori della buonanotte” di Bandits), armato però di un fascino che non lascia scampo, un po’ come il Frank Abagnale di Prova a prendermi, cui lo accomunano la febbre del crimine e il virile rispetto per il suo “cacciatore” (il film è tratto da un articolo di David Grann, cantore di magnifici megalomani: suo il libro all’origine di Civiltà perduta). (Ilaria Feole, Film TV)

Ci sono film, a volte, che appaiono in sala e trovano subito un modo per entrarti nel cuore: Old Man & the Gun è uno di questi film, un regalo inaspettato. Dopo averlo visto capirete che ha radici profonde, e che la sua rievocazione del passato è un modo per parlare dell’incertezza del futuro. In quella che ha definito come “la storia più reale che abbia mai raccontato”, Robert Redford – che a 82 anni è ancora l’incarnazione vivente del magnetismo hollywoodiano – veste i panni di Forrest Tucker, un rapinatore di banche realmente vissuto e che è riuscito (con grande orgoglio) ad evadere di prigione per ben 16 volte. (Peter Travers, Rolling Stones)

Rapinatore e gentiluomo. Il cappello da cowboy in testa, l’espressione scanzonata di Sundance Kid: Robert Redford nello spirito non è mai cambiato. A ottantadue anni mantiene il fascino del bravo ragazzo, anche quando svaligia una banca. In fondo è sempre l’agente segreto che cerca di salvare la pelle ne I tre giorni del Condor, l’ex campione di rodeo che scappa su un cavallo da un milione di dollari verso le montagne (Il cavaliere elettrico). Quelle stesse alture a cui ci aveva abituato in Corvo rosso non avrai il mio scalpo, dove da solo, nella neve, sfidava il mondo intero. (Gian Luca Pisacane, Cinematografo.it)

La prima cosa che si percepisce, guardando Old Man & the Gun, è un profondo senso di nostalgia per qualcosa che c’era e che ora non esiste più: il tempo. O forse, più che per il tempo in sé, per l’idea di avere a disposizione il tempo di vivere la vita con il ritmo giusto. La storia è quella vera (e tratta da un articolo di David Grann comparso sul New Yorker) di Forrest Tucker, un uomo che ha rapinato banche per tutta la vita, che è evaso nei modi più assurdi da ogni tipo di carcere e che fino alla fine ha sempre fatto ciò che amava fare. (Francesco Ruzzier, Cineforum)

Robert Redford trova la porta chiusa. Sta per bussare. Poi di colpo ferma la mano. I suoi gesti restano sempre nella testa. Il modo in cui simula la pistola con le dita. Il suo saluto in La stangata. Per il suo addio allo schermo l’attore statunitense sembra ripercorrere tracce di tutta la su carriera in questo ottimo The Old Man & the Gun, terzo lungometraggio dietro la macchina da presa di David Lowery. Dove il regista riprende alcune tracce del suo secondo film, Ain’t Them Bodies Saint, dove i modelli di riferimento, nella vicenda dei due fuorilegge interpretati da Rooney Mara e Ben Foster, apparivano ancora quei gangster-movie a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, tra Gangster Story e I compari. (Simone Emiliani, Sentieri Selvaggi)