Santiago, Italia

Santiago, Italia

giovedì 20 giugno ore 15.30 e 21 (€ 5,00 – under 25 € 3,50)

  • DAVID DONATELLO 2019 PER: MIGLIOR DOCUMENTARIO.
  • FILM DELL’ANNO 2019 DEI NASTRI D’ARGENTO.
  • FILM DI CHIUSURA DEL 36° TORINO FILM FESTIVAL (2018), NELLA SEZIONE ‘FESTA MOBILE.

Genere: Drammatico
Regia: Nanni Moretti
Attori: Nanni Moretti
Nazionalità: Italia
Distribuzione: Academy Two
Anno di uscita: 2018
Data uscita Italia 6 dicembre 2018
Origine: Italia
Soggetto: Nanni Moretti
Sceneggiatura: Nanni Moretti
Fotografia: Maura Morales Bergmann
Montaggio: Clelio Benevento
Durata: 80′
Produzione: Nanni Moretti per Sacher Film, Le Pacte, Storyboard Media e Rai Cinema

 Soggetto:

Il film-documentario racconta, attraverso le parole dei protagonisti e i materiali dell’epoca, i mesi successivi al colpo di stato dell’11 settembre 1973 che pose fine al governo democratico di Salvador Allende, e si concentra in particolare sul ruolo svolto dall’ambasciata italiana a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime del generale Pinochet, consentendo poi loro di raggiungere l’Italia.

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

Nel 1970, in Cile vince le elezioni presidenziali Salvador Allende, che guida un governo sostenuto da una coalizione di sinistra. La prima volta di un governo di ispirazione marxista che va al potere con il voto e non con una rivoluzione e con mezzi totalitari. Nel Paese c’è grande allegria ed entusiasmo. Ma pezzi di società – conservatori, militari, borghesia – con il sostegno americano (gli Stati Uniti detestavano Allende, per le scelte di politica economica tra cui la nazionalizzazione delle miniere di rame) lavorano alla caduta del governo, destabilizzano la società con minacce e tensioni (cui non furono estranei anche gli estremisti di sinistra del MIR), boicottano l’economia cilena. Quando il Paese è allo stremo, nel 1973, l’esercito tradisce Allende e ha facile gioco nel prendersi il potere, arrivando a fare quello che è inconcepibile in un paese democratico: bombardare con gli aerei il palazzo presidenziale. Dopo un coraggioso ultimo discorso alla radio (che invitava a non reagire alle violenze e quindi a non scatenare una guerra civile), Allende fu trovato morto da chi andava ad arrestarlo: omicidio o suicidio? Da lì partì una dittatura militare terribile e sanguinaria, guidata dal generale Pinochet che per 15 anni insanguinò il Paese, torturò e uccise migliaia di oppositori spesso inermi, spense ogni voce libera. In tutta questa tragedia, Nanni Moretti – che nel ’73 aveva vent’anni, e che torna a un documentario importante a quasi trent’anni da La cosa sui tormenti dei militanti comunisti per il cambio di nome del PCI – rievoca una pagina poco nota: il ruolo dell’Italia. Prima dell’ambasciata a Santiago, grazie ad alcuni giovani e coraggiosi funzionari, poi del nostro Paese, che si aprì a tutti quelli che cercavano un posto sicuro da arresti immotivati della polizia e torture (si rifugiarono centinaia di persone, alla fine quasi 600). Poi, nel nostro Paese, dove arrivarono molti esuli cileni – che avevano ottenuto asilo politico e di cui la stessa ambasciata organizzò, non senza difficoltà, l’uscita dal Cile – cui generosamente si diede un lavoro e il calore dell’accoglienza. E in cui la risposta politica fu compatta: il governo Pinochet non fu mai riconosciuto ufficialmente, ostilità che andava di pari passo con l’aiuto e il sostegno ai dissidenti da tutti i partiti principali: comunisti e democristiani, socialisti e repubblicani. Una storia di cui essere orgogliosi, che il regista ha volto raccontare. Mettendo in luce con grande onestà intellettuale anche il ruolo della Chiesa  cattolica: un intervistato racconta, commuovendosi (e dicendosi ateo), l’opera di protezione dei rifugiati e di ricerca della verità sugli scomparsi del cardinale di Santiago Raul Silva Henriquez, che il regime temeva, e quanto si prestarono singoli religiosi: gustoso l’episodio di un salvataggio gestito da due “monache”). Con materiali d’epoca e con numerose interviste a dissidenti che si sono salvati dalle stragi e che rievocano quegli anni di terrore (tra questi i registi Patricio Guzman e Miguel Littin), ai funzionari dell’ambasciata Piero De Masi e Roberto Toscano (l’ambasciatore era in Italia per gravi motivi familiari) e a esuli ormai trapiantati in Italia o ritornati in Cile con la democrazia, Moretti realizza un documento prezioso, che ci illumina su un aspetto poco noto ma significativo di quell’infame pagina storica. Lo fa con sobrietà, senza farsi vedere troppo. E lasciando semmai campo aperto alla commozione dignitosa – che commuove gli spettatori – degli intervistati, che riaprono pagine drammatiche della loro vita. E dando la parola anche a due militari, che possono esporre la loro posizione. Uno, all’epoca dei fatti giovane e senza responsabilità dirette (e oggi ancora in servizio), giustifica il golpe contro il pericolo comunista e sostiene che le violenze erano casi isolati; l’altro, in carcere per i suoi crimini, se la prende alla fine con l’atteggiamento “non corretto” dell’intervistatore. «Io non sono imparziale» gli replica l’autore, a esplicitare il taglio di Santiago, Italia. Che non è una fredda rievocazione di fatti, ma una pagina di Storia recente che ha la pretesa di illuminare il presente. Sui rischi che una democrazia corre, ma anche sulla necessità di riscoprire quel sentimento dell’altro che noi italiani abbiamo avuto da sempre (una donna dice «l’Italia è stata una madre generosa per me»), e che le vicende contemporanee sembrano aver fatto smarrire a molti. Con gli stranieri che arrivano da ogni parte (rifugiati al pari di quei cileni dissidenti e arrivati sprovvisti di tutto), e tra di noi. (Antonio Autieri, sentieridelcinema.it)

Il film ha una forma semplice, quasi didattica, che alterna interviste frontali e materiali di repertorio raccontando l’entusiasmo per l’elezione di Salvador Allende e il governo di Unidad Popular, il golpe di Pinochet, il terrore e la repressione. Quasi un’operazione di riepilogo, che sarebbe utile mostrare nelle scuole. Gli intervistati sono quasi tutti ex militanti che hanno vissuto il golpe dalla parte delle vittime, il che dà al film un’aria di testimonianza generazionale, come un’autobiografia di un pezzo di sinistra che porta implicitamente con sé anche il ricordo di una fase di battaglie nette, in cui si sapeva da che parte stare. Si ascoltano operai, artigiani, intellettuali, registi. Dalle testimonianze emerge in particolare la figura luminosa del cardinale Raúl Silva Henrìquez. (Emiliano Monreale, La Repubblica)

Due sole inquadrature. Sono quelle che Nanni Moretti concede a se stesso nel formidabile “Santiago, Italia”. Nella prima, in apertura, è di spalle sopra la città circondata dalle Ande. È un gesto di iscrizione. Come dire: questa città, queste storie, mi appartengono, anzi ci appartengono e riguardano tutti noi. Anche qui, anche oggi. Forse soprattutto oggi. (Fabio Ferzetti, L’Espresso)