Non ci resta che vincere

Non ci resta che vincere

(Campeones)

giovedì 13 giugno ore 15,30 e 21 (€ 5,00 – under 25 € 3,50 )

 

Genere: Commedia
Regia: Javier Fesser
Interpreti: Javier Gutiérrez (Marco), Sergio Olmo (Sergio), Julio Fernández (Fabián), Jesús Lago Solís  (Jesús Lago) (Jesús), Jesús Vidal (Marín), José De Luna (Juanma), Fran Fuentes (Paquito), Alberto Nieto (Benito), Roberto Chinchilla (Román), Stefan López (Manuel), Athenea Mata (Sonia), Juan Margallo (Julio)
Nazionalità: Spagna
Distribuzione: BIM Distribuzione, Movies Inspired
Anno di uscita: 2018
Data uscita Italia 6 dicembre 2018
Origine: Spagna/Messico
Soggetto: Javier Fesser, David Marqués
Sceneggiatura: Javier Fesser, David Marqués
Fotografia: Javier Juliá
Musiche: Alberto Iglesias (musiche originali)
Montaggio: Nicolas Goldbart
Scenografia: Chechu Graf
Costumi: Sonia Grande
Durata: 124′
Produzione: Hugo Sigman, Matías Mosteirín, Leticia Cristi per Kramer & Sigman Films, Fernando Bovaira per Md Producciones, Didar Domehri per Maneki Films, Simón De Santiago per Mod Producciones, Fernando Brom, Agustina Llambi Campbell per La Unión De Los Ríos, Axel Kuschevatzky per Telefe

 Soggetto:

Viceallenatore della più importante squadra di basket spagnola, Marco riscoprirà la passione per lo sport allenando una squadra di giovani disabili.

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

Ci sono storie che interrogano sulla loro necessità di essere raccontate, perché a volte disturbanti oppure già viste o perché addirittura assai furbe, tanto da essere sfruttate. Una di queste è senz’altro quella narrata sullo schermo in Non ci resta che vincere (il titolo originale Campeones è assai meglio), una commedia di Javier Fesser, campione d’incassi in Spagna. Il film, infatti, narra la storia del burbero Marco Montes (Javier Gutiérrez), allenatore in seconda di una squadra professionista di basket che, sorpreso alla guida in stato di ebbrezza, si trova costretto a prestare i servizi sociali per allenare nel medesimo sport un gruppo di persone con deficit mentale. Se all’inizio sembra una punizione insostenibile, in seguito il «coach» si troverà a vivere una di quelle «feici costrilzioni» che gli cambieranno per sempre la vita, con tanto di risvolti personali del tutto positivi.  Tra gag davvero divertimenti e scene da sincera commozione, il lungometraggio mette in dubbio però il progetto: non si tratta di una pura operazione commerciale «stonata» e di sfruttamento? Ad alcuni potrebbe suonare «disturbante», ma forse è proprio questo l’intento del film: quello di interrogarci, con il sorriso sulle labbra, sulla nostra condizione di «normalità», sapendo che gli attori in scena (alcuni davvero simpatici e straordinari) sono realmente disabili, scelti su un casting di 500 candidati e sostenuti da numerose associazioni che hanno aiutato la produzione nella stessa selezione. Sono, poi, gli inserti delle loro storie personali che «rompono» il racconto, che qua e là sa di «déjà vu», a dare un tocco di originale freschezza fino a togliere ogni possibile tabù, perché in fondo lo spettatore è cosciente che si trova a ridere «con loro». E ciò fa la differenza. Tanto che l’Accademia del cinema spagnolo ha scelto (forse esagerando) «Campeones» come candidato agli Oscar per il miglior film in lingua non inglese. Semplicemente da vedere. (Gianluca Bernardini, sdcmilano.it)

Marco Montes, vice allenatore di una squadra di basket si fa trascinare dai nervi, prima con il suo “superiore”, poi con alcuni agenti di polizia che lo fermano in stato di ebbrezza. Condannato a 90 giorni di carcere, li può commutare in lavori socialmente utili. Viene così assegnato a un’associazione che utilizza lo sport con persone afflitte da handicap, e considerate le sue caratteristiche gli viene chiesto di allenare un gruppo di disabili mentali; per i quali il basket sembra molto lontano dalle loro attitudini… Marco inizialmente non ne vuole sapere, ma poi la sfida di farli diventare una vera squadra, e perfino di partecipare a un torneo, lo intriga. E mentre la sua vita sentimentale va a ad alti e bassi (la fidanzata, al contrario di lui, vuole un figlio), con quei ragazzoni con un forte deficit intellettivo deve fare praticamente da padre, oltre che da allenatore… Ma anche lui, da loro, avrà molto da imparare. In questa commedia semplice ma molto divertente, che sembra seguire tutti i prevedibili canoni del genere e al tempo stesso sorprendere con momenti imprevedibili di tenerezza, la cosa più incredibile è che i giocatori della squadra di basket sono interpretati da veri disabili (che spesso hanno lo steso nome del personaggio, come l’ineffabile Jesús Lago Solís il cui nome fa partire una gag irresistibile…), con inserimento di alcuni momenti di improvvisazione pur all’interno di una sceneggiatura che sembra molto solida. Mentre il protagonista Marco è interpretato invece dall’esperto attore Javier Gutiérrez, qui però lontano dai ruoli da duro se non da “cattivo” in cui spesso è impegnato (per esempio, era il poliziotto con parecchi scheletri nell’armadio del notevole noir La isla minima). L’abilità del regista Javier Fesser non è solo di direzione degli attori, ma anche di non minimizzare difficoltà e aspetti “specifici” dei personaggi, senza perdere di vista l’obiettivo di confezionare una commedia popolare e divertente. E Non ci resta che vincere (in originale Campeones) infatti in Spagna è stato un enorme successo, dando vita anche a un documentario sui reali personaggi (Ni distintos, ni diferentes: Campeones¸ ricorda un po’ Up & Down di Paolo Ruffini, che sta girando nelle sale italiane) e guadagnandosi perfino la segnalazione iberica alla corsa all’Oscar per il miglior film straniero; e chissà con quale smacco di autori importanti o alfieri del cinema impegnato. Ma com’è noto, la commedia – se ben fatta e non triviale – ha spesso la capacità di entrare in maggior sintonia con il pubblico, riuscendo a far passare temi come la lotta al pregiudizio o l’accettazione della propria condizione (ma anche il coraggio di fare certe scelte, con l’impegno più serio con la propria donna da parte del protagonista). Qui peraltro il pregiudizio non è solo sulla malattia, anche perché in fondo quei disabili – per quanto ogni tanto gli facciano saltare i nervi – a Marco risulteranno in fretta simpatici, e si conquisteranno uno spazio nel suo cuore. Ben più difficile sarà accettare il loro modo di guardare alla vita, che nel bel finale lo costringerà a dare un giudizio di valore su tutta l’esperienza passata insieme. Una curiosità: a un certo punto si cita la squadra di basket spagnola delle Paralimpiadi 2000: un caso che fece scalpore perché in realtà si trattava di una truffa, essendo i giocatori tutti normali (uscirà nei prossimi mesi un film francese ispirato a questa storia). Solo due di quella squadra erano davvero disabili: e qui, nella finzione, si immagina che uno di questi sia Roman, il più forte dell’improvvisato team che viene affidato a Marco. E che invece è l’unico che a lungo – ancora traumatizzato dallo scandalo, che gli portò via la medaglia d’oro vinta alle Paralimpiadi – si rifiuterà di scendere in campo. (Luigi De Giorgio, sentieri del cinema.it)

Ha fatto staccare tre milioni di biglietti in patria ed è candidato per la Spagna alla corsa Oscar per il miglior film straniero. Il successo di questo film che vede protagonisti attori disabili nei panni di una squadra di basket è davvero meritato. La commedia di Javier Fesser, noto per i suoi film Camino, vincitore di sei Premi Goya, e Mortadello e polpetta contro Jimmy lo Sguercio, fa ridere e riflettere al tempo stesso, è leggera e profonda, emoziona e commuove. Peccato per il titolo italiano, Non ci resta che vincere, che in realtà è l’unico neo del film. (Giulia Lucchini, La Rivista del Cinematografo).

Marco, allenatore in seconda di basket, viene condannato, per guida in stato di ebrezza, a fare il coach di una squadra composta da persone con deficit mentale. Gli inizi, come da copione, sono tragici, ma man mano che il tempo trascorre, tra partite di campionato e palestra, l’uomo imparerà a vincere i suoi pregiudizi. Che bella storia, che sa far sorridere regalando una lezione di vita. (Maurizio Acerbi, Il Giornale)

Marco, vice-allenatore di pallavolo professionista è insopportabile. Litiga, viene licenziato, guida ubriaco, ha un incidente. Il giudice lo condanna a nove mesi di servizi sociali. Allenerà una squadra di disabili. Prima li detesta, poi li adora. Un gioiellino. (Roselina Salemi, TuStyle)