Cine4 – La sala professori – dal 15/5 al 17/5

La sala professori

mercoledì 15 maggio ore 21:00

giovedì 16 maggio ore 15:30 e 21:00

venerdì 17 maggio ore 21:00

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Regia di Ilker Çatak

Con Leonie Benesch, Leonard Stettnisch, Michael Klammer

Genere Drammatico, GER 2023, durata 98’

Classificazione età: T

Sinossi:

Carla Nowak (Leonie Benesch) è una giovane e promettente insegnante al suo primo incarico.

Tutto sembra andare bene, fino a quando una serie di piccoli furti all’interno della scuola mette in subbuglio l’istituto.

Quando i sospetti cadono su uno dei suoi studenti, Carla decide di andare di indagare personalmente, scatenando una serie inarrestabile di reazioni a catena

Trailer:

Recensione di Eugenio Grenna  – cinematographe.it

In una scuola di provincia, che è a tutti gli effetti un non luogo, considerato che mai nessuno sembri nominarne realmente né il nome, né tantomeno il luogo di collocazione, qualcuno sta commettendo piccoli e grandi furti ai danni del personale scolastico, riuscendo a farla franca, finché Carla Nowak, insegnate idealista, dai principi morali tanto ferrei, quanto vacillanti, incurante di qualsivoglia violazione della privacy, decide di filmare l’interno di quella stessa sala professori che dà il titolo al film, per scoprire l’identità del ladro, scatenando uno scontro di principi e verità, dagli inaspettati, eppure inevitabili esiti caotici, distruttivi e come se non fosse sufficiente, pericolosamente specchio del nostro presente.

La scuola, intesa come istituzione e soggetto politico, ha da sempre interessato una certa corrente cinematografica, che nel corso degli anni, ha prodotto una lunga serie di titoli ai limiti del documentarismo e ancora fieramente protagonista, o co-protagonista di una commedia e così di un filone drammatico, sempre o quasi relegato al circuito indipendente, un po’ per questioni di linguaggio narrativo estremamente scarno e un po’ per disinteresse in termini di investimento da parte di produttori, autori e majors. Pochi i casi di titoli commerciali il cui centro, sia proprio il sistema scolastico.

Non è questo il caso di La sala professori, che pur ambientandosi interamente o quasi, all’interno di un istituto scolastico di primo e secondo grado, mette da parte ben presto qualsiasi interesse nei confronti dell’osservazione pedagogica, preferendole un’indagine piuttosto amara e per questo ferocemente reale sull’ambiguità dello sguardo, il peso del dubbio e le inevitabili conseguenze della parola, estrapolata, mutata e resa tutto ciò che non avrebbe mai dovuto essere, ossia un pericolo, o meglio, una minaccia. Una realtà che conosciamo sempre meglio, tanto attraverso i social, quanto attraverso la carta stampata e più in generale, il giornalismo e l’opinionismo.
C’è chi sconfitto, osserva il furto e chi invece decide di agire, facendosi in qualche modo giustizia da sé, per poi appellarsi alla gentilezza e alla volontà di ricostruire immediatamente quanto spezzato, in nome di un comune ideale che se presente, è capace di garantire equilibrio, mentre se assente, solamente il caos, ossia il rispetto, o meglio, la capacità di comprendere. Dunque ciò che İlker Çatak compie attraverso questo gioello di scrittura – ad opera dello stesso Catak e di Johannes Duncker -, così come di regia e interpretazioni – memorabili le prove di Leonie Benesch e Leonard Stettnisch –, è molto più che una semplice riflessione sulla necessità di agire di fronte alle ingiustizie, è molto più che un grido di protesta.
La sala professori rappresenta infatti, nella sua evoluzione drammaturgica, che si fa ben presto contaminata in termini di genere, tanto dai linguaggi del cinema thriller – una spy story e così un’inchiesta giornalistica, si fanno strada silenziosamente e poi sempre più concretamente tra i corridoi e i banchi dell’istituto –, quanto da quelli più direttamente politici, mostrando un’evidente parallelismo tra la caccia alle fake news e così alle streghe della nostra cronaca recente, e l’ambiguità che avvolge inevitabilmente l’indagine, dapprima privata e poi via via, sempre più collettiva dell’insegnante Nowak.

Quello di İlker Çatak è un cinema a cui siamo ancora molto poco abituati, che si compone, per poi scomporsi gradualmente, mutando nel corso della sua evoluzione distesa, eppure abilmente tensiva, in una narrazione per immagini, silenzi e sguardi, dai moltissimi volti e significati, capace di riflettere sullo scontro tra principi etici e morali e così sulla lotta tra classi, passando per un attimo attraverso la tematica razziale, per poi scansarla, concentrandosi molto più direttamente sull’ambiguità che circonda nella medesima maniera, sia il concetto di verità, che quello di menzogna.

L’altro per Catak e Duncker, non corrisponde alla convenzionalità del diverso, ossia a colui che non appartiene, dunque l’estraneo, piuttosto corrisponde al diverso, in quanto parte attiva, protagonista o semplice osservatore di un sistema crudele e sempre più cinico, che non intende affatto arrestarsi, nemmeno di fronte all’errore e al dubbio, e per questa ragione, il diverso inquadrato da La sala professori, è colui o colei, che in qualità di soggetto o entità sociale e politica, decide di scontrarsi, armandosi di coraggio, principi ferrei e rispetto  per l’opinione altrui, mettendoci volto, parole e fatti, opponendosi allo stesso sistema da cui ha sempre tratto crescita, sopravvivendogli, mutando ancora una volta.
Un film sul processo emotivo e sociale, scaturito dalla fobia, dallo sguardo e dal dubbio. Riuscirà a dire la sua nel corso della 96ª edizione dei premi Oscar? Lo vedremo. Quello che è certo, è che di İlker Çatak ne sentiremo parlare, così come di questo film.