Cine 4 – First man. Il primo uomo

Cine 4 – First man. Il primo uomo

giovedì 30 maggio ore 15.30 e 21 (€ 5,00 – under 25 € 3,50)

  • FILM D’APERTURA, IN CONCORSO, ALLA 75. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2018).
  • GOLDEN GLOBE 2019 PER LA MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE. IL FILM ERA CANDIDATO ANCHE PER MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UN FILM (CLAIRE FOY).
  • OSCAR 2019 PER: MIGLIORI EFFETTI VISIVI. ERA CANDIDATO ANCHE PER: SCENOGRAFIA, MONTAGGIO E MISSAGGIO SONORO.

Genere: Biografico, Drammatico, Storico
Regia: Damien Chazelle
Interpreti: Ryan Gosling (Neil Armstrong), Claire Foy (Janet Shearon), Jon Bernthal (Dave Scott), Pablo Schreiber (Jim Lovel), Kyle Chandler (Deke Slayton), Jason Clarke (Edward Higgins White), Christopher Abbott, Shea Whigham (Gus Grissom), Corey Stoll (Buzz Aldrin), Patrick Fugit (Elliott See), Lukas Haas (Mike Collins), Cory Michael Smith (Roger Chaffee), Brian d’Arcy James (Joseph A. Walker), Brady Smith (Butch Butchart),  Perla Middleton (Segretaria della NASA), J.D. Evermore (Chris Kraft), Olivia Hamilton (Pat White), Philip Boyd (Reporter), Steve Coulter (Guenter Wendt), Anna Chazelle (White House Staffer), William Gregory Lee (Gordon Cooper), Kris Swanberg (Marilyn See)
Nazionalità: USA
Distribuzione: Universal Pictures International Italy
Anno di uscita: 2018
Data uscita Italia 31 ottobre 2018
Origine: USA
Soggetto: James R. Hansen, tratto dal libro “First man: The life of Neil A. Amstrong”
Sceneggiatura: Josh Singer
Fotografia: Linus Sandgren
Musiche: Justin Hurwitz (originali)
Montaggio: Tom Cross
Scenografia: Nathan Crowley
Costumi: Mary Zophres
Effetti: Paul Lambert, Ian Hunter, Tristan Myles, J.D. Schwalm
Suono: Ai-Ling Lee (montaggio e mixer), Mildred Iatrou Morgan (montaggio), Jon Taylor (mixer), Frank A. Montaño (mixer), Mary H. Ellis (mixer)
Durata: 141′
Produzione: Saga Blanchard, Marie De Lussigny
Tematiche: Amicizia, Avventura, Famiglia, Malattia, Scienza, Storia
Valutazione: Consigliabile, Problematico, Adatto per dibattiti

 Soggetto:

America anni ’60. Neil Armstrong è un pilota in servizio alla NASA. Attraversa tutte le fasi che vivono lui e i suoi colleghi, destinato infine nel 1969 a essere prescelto come primo uomo che metterà piede sulla Luna…

Valutazione Pastorale:

Il film ha aperto la Mostra del Cinema della Biennale di Venezia 2018, evento insolito e particolare in quanto accadeva per la seconda volta allo stesso regista dopo “La la Land” nel 2016. Damien Chazelle ricostruisce lo straordinario anno dello sbarco sulla Luna, il 1969, nella prospettiva di un uomo, l’astronauta Neil Armstrong. Il punto di partenza è un libro scritto da James R. Hansen e il copione comincia con uno sguardo d’insieme ad ampio raggio sulla comunità dei piloti della Nasa, le loro famiglie, i loro caratteri. Per poi concentrarsi su Neil Armstrong, del quale si ripercorrono le vicende talvolta sofferte e drammatiche, segnate dalla morte della figlioletta che lascia nei genitori un vuoto profondo. Film di forte impronta americana, laddove l’impresa quasi eroica e solitaria di Armstrong si apparenta a quella dei grandi eroi che hanno lasciato un’impronta storica nella mitologia USA: Ryan Goslin è un Armstrong, uomo coraggioso che supera fragilità e incertezze, supportato dalla moglie Janet, la britannica Claire Foy, in un ruolo che offre all’impresa forza, tenacia, solidità. Film suggestivo ed emozionante, nella scia di quel cinema americano che ha segnato le tappe del rapporto uomo/infinito come sfida, come provocazione, come capacità di superare i limiti. Grazie a una regia sempre incisiva e significativa, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti. (Commissione Nazionale Valutazione Film)

Utilizzazione:

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte successive occasioni per avviare riflessioni su un cinema americano che esalta il proprio passato e guarda con fiducia al futuro.

Scarica qui la nostra scheda del film.

Critica:

“La determinazione che guida il protagonista è sempre la stessa ma rispetto agli altri film di Damien Chazelle (Whiplash e La La Land) cambia lo stile della messa in scena e soprattutto l’empatia. (…) regia, controllatissima e essenziale nel suo stare addosso al volto di un astronauta che Ryan Gosling interpreta con una bella prova tutta in sottrazione. (…) Chazelle preferisce «rinchiudere» la macchina da presa nell’abitacolo spaziale, offrendo allo spettatore la medesima poca vista che avevano gli astronauti ma in questo modo trasmettendo quelle insicurezze e quel senso di impotenza che nasceva di fronte a ogni piccolo problema. E così invece dell’epica il film crea tensione e suspense.” (Paolo Mereghetti, Corriere della Sera)

“(…) ‘First Man’ (…) è un film destinato a restare. Sulla base dell’essenziale sceneggiatura che il bravo Josh Singer di Spotlight ha tratto dalla fluviale biografia (…), Damien Chazelle ha realizzato un’opera quarta che lo conferma uno degli autori più interessanti della nuova generazione. Passando dal (finto) musical ‘La La Land’ alla (finta) avventura spaziale ‘First Man’, il trentatreenne regista ha cambiato il genere ma non la tematica: al centro della storia c’è ancora una volta un individuo (…) impegnato con adamantina concentrazione a vincere una sfida: costi quel che costi, e non per denaro o mera ambizione bensì per passione, vocazione, motivazione profonda. Come la Los Angeles odierna di ‘La La Land’ era intrisa di nostalgia del passato, così il microcosmo Anni 60 della Nasa è ricostruito attingendo a un composito immaginario cinematografico che va da Kubrick a Malick. E il tutto è assorbito e reinventato con originalità e naturalezza: Chazelle crede nella forza di un personaggio e di una storia e in Ryan Gosling, attore insieme modernissimo e classico, ha trovato l’interprete ideale e un alter ego.” (Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa)

“Dimenticate (…) tutto quello che avete visto finora sui viaggi nello spazio. Scritto da Josh Singer a partire dalla biografia ufficiale (…), il film non solo restituisce fedelmente la reale esperienza degli astronauti, rinchiusi in spazi angusti e claustrofobici, lattine volanti in balia di guasti ed emergenze, che non smettono di tremare e fare un rumore infernale, ma racconta anche la vita famigliare del laconico e pragmatico Armstrong (…). Ma se è vero che per la prima volta il regista si accosta a una storia non scritta di mano propria e quindi più distante dalla sua personale esperienza, Armstrong, così determinato nel raggiungere obiettivi apparentemente impossibili, è parente stretto dei precedenti personaggi di Chazelle, disposti a tutto pur di inseguire i propri sogni. (…) L’Armstrong pubblico e quello privato, che per alcuni versi resta un enigma, convivono (…) in un film raggelato come il suo protagonista, impegnato a restituire l’avventura umana di un uomo che non si è mai sentito un eroe. Eppure ‘First Man’ non si sottrae a momenti di tensione nonostante l’esito dell’impresa sia noto a tutti. Così tutti i test falliti, gli incidenti mortali e i retroscena della missione Nasa riescono a tenere lo spettatore con il fiato sospeso.” (Alessandra De Luca, Avvenire)

“(…) una dimensione anti-eroica e con un personaggio melanconico, che Gosling rende, se non prossimo allo spettatore, abbastanza enigmatico da incuriosirlo. Il problema era come raccontare in maniera nuova storia (e immagini) notissime, e Chazelle si ingegna. Punta su una visione claustrofobica e realistica della missione, tra gusto vintage e nostalgia della dimensione umana; anche se alla fine il film non riesce davvero a stravolgere le regole dell’epica spaziale come ‘La La Land’ reinventava quelle del musical. Si aspetta l’allunaggio chiedendosi come sarà reinventato: e lì, al momento culminante, la sfida del regista è vinta solo fino a un certo punto. La cosa più originale è forse il versante privato, controcanto intimista alla corsa allo spazio (…). Ma questo elemento, come altri momenti appena accennati (un breve intervento d’epoca di Kurt Vonnegut, il montaggio alternato tra un decollo e una poesia antirazzista sull'”uomo bianco nello spazio”), sono depotenziati dal fatto che lo spettatore sa già che la missione sarà un trionfo. (…) Il rischio è (…) che la vicenda si risolva nelle dimensioni di un dramma famigliare, quando sul finale arrivano i ricordi in colori Ektachrome da filmino privato (sì, c’era già qualcosa di simile in ‘La La Land’), e un richiamo visivo all’ultima, celebre immagine di ‘Pickpocket’ di Robert Bresson. In quel film il protagonista in carcere trovava la Grazia e commentava: «Che strano cammino ho dovuto percorrere per giungere fino a te». Armstrong, addirittura, deve andare fino alla luna per trovare la pace o se stesso, e non è detto che alla fine ci riesca.” (Emiliano Morreale, La Repubblica)

“(…) sintesi riuscita di un cinema «da pubblico» con gli attori giusti – a cominciare dai protagonisti, Ryan Gosling e la Regina Elisabetta di ‘The Crown’ Claire Foy – una storia popolare che emoziona, appassiona, commuove, e al tempo stesso con l’intelligenza di celare tra le sue immagini un sentimento contemporaneo, che sposta gli anni Sessanta in cui si svolge al nostro tempo. Chazelle, che ha lavorato sul libro di James R.Hansen non cerca l’epica del biopic celebrativo (…) ma sposta la narrazione sull’uomo Armstrong, e sugli anni che precedono la missione di Apollo 11. Sono le «pieghe» di un privato che lo interessano – il racconto si ferma infatti proprio al 1969 con il ritorno sulla terra – che poi è anche dove può mettere ciò che è suo, lo sguardo del presente in cui il futuro non esiste più. Non come almeno lo immaginavano quegli astronauti, con una strana innocenza nonostante tutto, in quell’America degli anni sessanta da cui sembrano separati, «alieni» e che nelle case entra soltanto attraverso le voci del bianco e nero della tv. (…) È un film pieno di malinconia ‘First Man’, lo era anche ‘La La Land’, nello scontro tra le sliding doors della vita ma qui a essersi perduto è qualcos’altro, l’idea di un cambiamento ancora possibile, di un futuro non solo spaziale o fantascientifico, di sfide e battaglie che possono trasformare il mondo. Sulla luna il protagonista non trova quello che cercava e il suo sguardo sperduto dietro al vetro della «quarantena» proietta la consapevolezza amara del nostro tempo.” (Cristina Piccino, Il Manifesto,)

“(…) merita senz’altro di essere visto: maturo quanto indomito, Chazelle capitalizza creativamente l’exploit ‘La LaLand’, travestendo da ‘success-story’ lunare una raggelata elaborazione del lutto formato famiglia. Certo, nel manuale ingegneristico indugia, strizza l’occhio perfino allo ‘steampunk’ e alla precaria fratellanza degli ‘spacemen’, ma sopra tutto realizza un dramma sui reduci, come appunto andrebbero appellati gli astronauti. Il 20 luglio 1969 non alluna un americano eroe, ma un essere umano sopravvissuto (…). Perché Chazelle guarda la luna, ma vede l’uomo.” (Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano)

“‘First Man’ (…) è un «viaggio intorno all’uomo», un ritratto dell’ostinato e riservato Armstrong stretto nei passaggi essenziali e fondamentali di una materia d’azione complessa e vastissima come il progetto Nasa per la Luna lanciato da Kennedy. Decontaminato da eroismi e trionfalismi, preciso nella ricostruzione di un’archeologia astronautica segnata da morti e sconfitte, siamo, per dire, proprio su un altro pianeta rispetto al nazionalismo d’impresa di ‘Uomini veri’ di Kaufman sul Mercury o di ‘Apollo 13’ di Ron Howard. Lascia dubbi la scelta di affidare una personalità schiva ed etica, inevitabilmente epica, come Armstrong alla fotogenia introversa di Gosling, che rischia di farne un eremita delle emozioni. Chazelle, che non è il nuovo genio di Hollywood, merita lode anche per aver centrato il corto circuito tra gli ideali della frontiera radicati nella cultura americana e l’aspra lotta scientifica con l’Unione Sovietica per la supremazia politica e militare durante la Guerra Fredda.” (Silvio Danese, ‘Nazione-Carlino-Giorno)

“(…) un resoconto tra spazio profondo, salotto piccolo borghese, sfera intima e dibattito sociale, di quella generazione di «ragazzi che costruiscono modellini» artefici tra ’61 e ’69 del secolo scorso di una Corsa allo spazio tra russi e americani che tenne con il fiato sospeso 500 milioni di persone. (…) È un film che più classico non si può, su americani bianchi perbene con le camicie a maniche corte abbottonate fino a sotto il mento pronti a tutto per la patria. Di Chazelle riconosciamo la netta poetica: maschi prigionieri di un’ossessione. Ma stavolta non è lo spartito (anche se Armstrong al college metteva in scena dei musical come regista). (…) Grandissimo finale che funziona (…).” (Francesco Alò, Il Messaggero)

“‘First Man’ (…) racconta anche (…) il delicato intreccio fra propaganda e scienza nel quale tutti sono un po’ vittime e un po’ carnefici, il governo che vorrebbe risultati, ma senza che l’opinione pubblica possa contestarne i costi, anche in termini di vite umane, i fautori del progetto, disposti a garantirne l’assoluta fattibilità ben sapendo che le probabilità reali di successo sono dell’ordine del 50 per cento. (…). Chazelle è bravissimo proprio nel dare conto della rudimentalità dell’impresa: mezzo secolo dopo, e con la tecnologia che ormai ci esce dalle orecchie, si resta stupefatti a vederne una ancora senza computer, la manualità di gran parte delle operazioni, l’artigianato di capsule spaziali e moduli lunari, l’elemento umano comunque sovrano nel momento delle scelte e quanto alle chances di riuscita. Sotto questo profilo, la personalità di Armstrong risulta ancora più affascinante e Ryan Gosling la rende benissimo perché ha di suo un fascino inquieto, un esserci senza per questo interamente mostrarsi. (…) Costruendo un film abbastanza tradizionale, il combinato disposto di vita privata, moglie, figli, scuola, svaghi, e di vita pubblica, le missioni, il cameratismo, gli incidenti mortali, Chazelle racconta quell’eroismo sotto tono che nasce da idee di grandezza e di servizio civile, il «piccolo passo per un uomo» che si trasforma in «grande balzo per l’umanità» di cui proprio Armstong parlerà mettendo piede lì dove nessuno aveva mai pensato si potesse realmente andare, un altro pianeta, in tutti i sensi.” (Stenio Solinas, Il Giornale)

“Movenze birichine della storia: con un anno di anticipo rispetto al 50°, torna, forse perché la Terra delude assai, il primo passo di Neil Armstrong sulla Luna, addì 20 luglio 1969. Lo rievoca ‘First Man’ di Damien Chazelle che ha aperto la Mostra a Venezia. Lost in space, vedi ‘Gravity’, Ryan Gosling (bravo e misurato, star controvoglia della storia) si racconta come l’astronauta dalla trionfale odissea nello spazio, sulla base del libro di James Hansen ridotto dallo sceneggiatore coi fiocchi Josh Singer (Spotlight e The Post), che tiene nel mirino persone e non personaggi. Merito di Chazelle è non aver suonato squilli di tromba retorica, nonostante Spielberg fra i produttori, ma propone la vita a due marce di un eroe piccolo borghese con moglie e figli in attesa, alternando scene in tinello ad altre nell’abitacolo dell’Apollo 11, narrando varie peripezie scientifico-politiche della Nasa. La trovata è la schizoide esperienza di Armstrong, che forse non voleva con tutte le forze andare sulla Luna. Ci sono gli individui cosmico-storici, disse il filosofo: Gosling sacrificando la famiglia (in una gag strepitosa parla col figlio come fosse una conferenza stampa), entra nella storia dall’ingresso principale del mito, dell’eroe, dello spazio e tempo rivoltati come il calzino che l’aspetta pendulo a casa lavato dalla premurosa Claire Foy. II bello del film sta qui, nel mettere lo straordinario a misura di uomo: si va nello spazio ma per parlare di noi senza inutili fuochi di artificio.” (Maurizio Porro, Corriere della Sera)